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MESSAGGIO AGLI CHEF

Abbiamo riscoperto la solidarietà, ritroveremo anche la fiducia. E torneremo al ristorante

Non è solo questione di metri e mascherine, ma di emozioni, che si provano solo ad un grande tavolo. La cucina che verrà? Essenziale, vera  

Solidali con chi ha continuato a lavorare nonostante tutto, con chi non ha mai smesso di produrre per noi, e con chi non ha mai chiuso bottega, nell’emergenza vissuta abbiamo riscoperto la solidarietà. Reale, non virtuale, e anche per questo sarà un lascito positivo del Covid-19, che, tra le tante cose, ci ha fatto capire l’importanza di agire collettivamente - almeno ce lo auguriamo - a casa e per un futuro fuoricasa, ora che i ristoranti stanno riaprendo: scegliendo il made in Italy anche noi, sostenendo i produttori locali, facendo una spesa finalmente oculata, non sprecando, capendo che anche piccolo è bello, puntando tutto sulla qualità, per il cibo come per il vino. Perché se continueremo così, ritroveremo anche la fiducia. La storia insegna che le pandemie sono uno spartiacque, e non solo perché il danno all’economia è inquantificabile, ma anche per le profonde trasformazioni sociali a cui portano.
“Questa pandemia non ha certo cambiato il mio modo di cucinare - ha scritto, sui media, nei giorni scorsi, Ciccio Sultano, chef del ristorante stellato Il Duomo a Ragusa - ha cambiato i termini del discorso, la grammatica e la sintassi del mestiere”. Senza aiuti, “anche per l’alta cucina sarà impossibile risorgere”. Il food delivery? “Un palliativo, non garantisce da solo le imprese. Noi non facciamo borsette firmate, regaliamo emozioni, e come fai a spedire l’emozione vissuta, seduti a una grande tavola?”. Parole che, come in uno specchio, dall’inizio della quarantena WineNews ha scritto anche per il vino. “Il finedining sopravviverà, sarà più forte di prima, perché chi è imprenditore trova una risposta originale, adattandosi alle nuove circostanze. La cucina che verrà sarà essenziale, la verità avrà la precedenza e forse, finalmente, i creativi alla moda, la fuffa a tutti i livelli, in cucina e sulle guide, ci abbandonerà senza rimpianti. Non ho paura del cambiamento, perché come dice il saggio, il cambiamento non è mai doloroso, solo la resistenza al cambiamento lo è”.
Anche al ristorante, dall’osteria allo stellato, non è solo una questione di metri e mascherine. I locali italiani sono tra i più sicuri e puliti al mondo, grazie a norme e regole rigorose. Ma non possono snaturarsi: seduti ai loro tavoli, ora ridotti, all’interno come all’esterno, che aiuterà molto, viste anche le location, dalle piazze monumentali ai paesaggi più belli, che la creatività tutta italiana ripenserà con stile, mangiare è un’esperienza irripetibile. Riaprire dopo i mesi di lockdown - per chi lo farà, nella stagione e nell’annata compromessa - è come inaugurare un nuovo ristorante: distanze, orari rivisti, senza dimenticare l’assenza dei turisti, stranieri soprattutto, e con le persone con molti più problemi economici. E, ha detto lo chef stellato Carlo Cracco, patron del Cracco in Galleria, a Milano, al quotidiano “La Repubblica”, “dovendo garantire la sicurezza, nostra e del cliente, e che la sola distanza non risolve. Io devo assicurare a chi viene da me la massima sicurezza sanitaria così come gliela assicuro sul cibo. La trasparenza. Serviranno almeno un paio di anni per ripartire bene. Ma non per questo ci dobbiamo fermare. In questo momento si deve trasformare l’esperienza in forza, la pausa obbligata in pensiero costruttivo, inventandosi delle cose”.
La voglia di tornare a mangiare e bere insieme nei locali c’è, anche troppa: nell’incertezza e nella paura, stando a casa cibo e vino ci hanno consolato, e dopo aver preso dimestichezza con il take away anche nelle realtà dei piccoli borghi, con la riapertura non aspettiamo altro. Perché è il fattore umano l’aspetto che più ci è mancato, “oggi più importante che mai”, secondo lo chef Antonino Cannavacciulo, dalla stellata Villa Crespi sul Lago d’Orta.
Oggi e nel prossimo futuro, gli chef giocheranno un ruolo sempre più centrale: il ristorante diventerà il luogo non solo in cui cucinare e consumare cibo, ma anche in cui fare cultura ed educazione, sul tema dell’impatto ambientale e sull’importanza di sostenere la produzione locale, stagionale, anti-spreco, solidale. E non c’è territorio in Italia, anche il più piccolo e ancora poco conosciuto che, con la nostra ricchezza ed unicità gastronomica, non possa avere o non abbia già il suo chef di territorio. Non dobbiamo far altro che raccogliere l’invito a tornare a viaggiare in Italia, quando potremo, lanciato alla Camera dal Premier Giuseppe Conte, “scoprendo le bellezze che ancora non conosciamo e tornando a godere di quelle che già conosciamo, per rilanciare un settore, quello del turismo, che mobilita oltre il 13% del nostro Pil, e che sarà messo a dura prova dall’impatto globale del Covid-19”.
I ristoratori hanno promosso il made in Italy, in Italia e nel mondo, continuando a mietere successi anche nel lockdown (con Kitchen Quarantine, con cui ha acceso i fornelli della sua cucina di casa su Instagram, lo chef n.1 al mondo Massimo Bottura si è aggiudicato il Webby Awards, l’Oscar del web assegnato ai migliori format online). Ora con il made in Italy, dai prodotti di qualità al vino, è il momento di sostenersi a vicenda, perché quando il settore ripartirà ci saranno benefici per tutti.

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