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ACCADEMIA DEI GEORGOFILI: “UNA POLITICA DOC PER RILANCIARE L’AGRICOLTURA ITALIANA … MA NON BASTANO LE DENOMINAZIONI PER DIFENDERE PRODOTTI DI QUALITÀ”

Non è sufficiente puntare sulle denominazioni per essere sicuri di promuovere e valorizzare i prodotti agricoli e alimentari italiani. E’ il parere di Dario Casati, ordinario della Facoltà di Agraria dell’Università di Milano, nel convegno su “Valorizzazione dei prodotti alimentari fra denominazioni d’origine e tracciabilità e fra etichettatura e pubblicità”, promosso dall’Accademia dei Georgofili di Firenze.
La comunicazione del professor Dario Casati è suonata come una critica per la politica italiana di settore: “nel nostro Paese - ha ricordato - abbiamo il maggior numero di denominazioni dell’Unione Europea: su 760 registrate nel 2007, 165 sono italiane, ma questo non è sufficiente a dire che il nostro Paese abbia una buona politica in questo senso”.

Stando a Casati, le produzioni tipiche “made in Italy” avrebbero bisogno di “materie prime” in arrivo dall’estero: “il cuore delle produzioni italiane - ha sottolineato - a denominazione protetta, salumi e formaggi, dipende da un sistema zootecnico cronicamente insufficiente, la maggior parte degli animali è d’importazione. L’esportazione della nostra pasta, solo per fare un altro esempio, è resa possibile dall’importazione di grano duro che, di fatto, corrisponde al 90% del quantitativo necessario per produrre la pasta esportata”.

E questo lascia spazio a interrogativi di difficile soluzione: “dobbiamo domandarci - ha detto Casati - fino a che punto i prodotti ottenuti da materie prime importate possono essere ritenuti coerenti con la loro denominazione. Nello stesso tempo è importante riaffermare il concetto che la valorizzazione del prodotto alimentare è strettamente collegata a quella della materia prima agricola utilizzata per produrlo. Quest’ultima, inoltre, deve essere disponibile con continuità, con il rispetto dei necessari requisiti qualitativi, a condizioni di fornitura competitive con gli altri fornitori esterni all’area d’origine. Questo significa che il settore agricolo ha bisogno di concrete politiche di sviluppo e di investimento. Se non è forte l’agricoltura che sta alla base di produzioni di pregio protette, non possono esserlo neppure queste ultime e rischiamo di aver raggiunto un obiettivo che beneficia pochi e per poco tempo anziché tutti e a lungo”.

Sostenere le produzioni agricole del nostro Paese deve essere una delle strade da percorrere per difendere e valorizzare i nostri prodotti a denominazione protetta: “la strada della ricerca di una maggiore competitività di prezzo - ha detto Casati - sembra a priori preclusa dal fatto che il mercato mondiale è in ogni caso in grado di presentare prodotti a prezzi nettamente inferiori ai nostri. Inoltre, le denominazioni vanno ben progettate costruite e soprattutto difese per evitare ad esempio quanto successo recentemente nel caso del Tokay, del Brunello di Montalcino o della mozzarella campana”.

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