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ADDIO BIODIVERSITÀ: LA CORTE DI GIUSTIZIA DELL’UNIONE EUROPEA CONFERMA IL DIVIETO DI COMMERCIALIZZARE SEMENTI DI VARIETÀ CHE NON SIANO ISCRITTE NEL CATALOGO UFFICIALE, E LE ANTICHE SEMENTI RISCHIANO DI SPARIRE ...

Se la biodiversità è per molti un patrimonio da tutelare ed una risorsa per l’agricoltura mondiale, lo stesso non si può dire dell’Unione Europea che, con una sentenza del tutto inattesa ribadisce e rafforza un principio che rischia di mettere la parola fine alla conservazione della biodiversità. La Corte di Giustizia dell’Unione Europea, ha infatti confermato il divieto di commercializzare sementi di varietà tradizionali che non siano state iscritte nel catalogo ufficiale europeo, mettendo le associazioni volontarie impegnate nella salvaguardia della varietà delle piante antiche nella condizione di non poter più vendere le loro sementi. In realtà, la sentenza non fa che ribadire quanto previsto da una direttiva del 1998, che limita la commercializzazione e lo scambio di sementi a quelle varietà catalogate dalla stessa Unione Europea, e sulle quali c’è il controllo di sette aziende multinazionali che detengono i brevetti. Com’è stato possibile? Semplice, considerando che l’iter per registrare un nuovo semente richiede circa 12-15 anni di lavoro, e costa fino a 1 milione di euro, è semplice capire che si tratta di capitali di cui può disporre solo una grande azienda, e non un piccolo agricoltore.

Tornando ai fatti di attualità, la sentenza della Corte di Giustizia europea, arriva in risposta ad una controversia tra due imprese francesi, l’associazione no-profit Kokopelli e un produttore di sementi Graines Baumaux sas. La Graines Baumaux sas aveva denunciato la Kokopelli accusandola di commercializzare sementi non iscritte nei cataloghi ufficiali; le sementi in questione sono di varietà arcaiche. Inizialmente la Corte di Giustizia aveva sentenziato che “l’assenza di una semente dal catalogo non è indice del fatto che non sia “buona”, perché le norme che ne regolano l’iscrizione non riguardano alla futura la salubrità delle piante, ma a logiche commerciali”. Nel caso specifico la commercializzazione di varietà arcaiche rientrava nella deroga prevista dalla direttiva 2009/145/CE, assolvendo di fatto la Kokopelli. Ma il 12 Luglio, a seguito del ricorso della gigante Graines Baumaux sas la Corte ribalta il verdetto e sancisce che “l’obbligo d’ iscrizione ufficiale di una varietà vegetale per la sua commercializzazione, così come previsto dalle direttive sementiere, non viola i principi del libero esercizio di un’attività economica e della libera circolazione delle merci, e nemmeno interferisce con gli impegni presi per la tutela delle risorse fitogenetiche”. La Graines Baumaux ha chiesto ai giudici francesi di imporre a Kokopelli di pagare 100.000 euro per danni e “la cessazione di tutte le attività dell’associazione”. La Corte europea ha motivato e giustificato il suo verdetto a favore della Graines Baumaux sostenendo che il divieto del commercio delle sementi antiche e tradizionali ha l’obbiettivo di ottenere “una accresciuta produttività agricola”, come se le rese alimentari ed il patrimonio della biodiversità fossero problematiche distinte e lontane.

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