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Adnkronos

Vino: Borgogna, addio al Pinot Nero … Diversificare le colture per adattarsi al riscaldamento climatico e ridurre il crollo dell'agricoltura: è una delle risposte individuate dal mondo della scienza per far fronte al global warming, che potrebbe portare le temperature medie a crescere di 4 gradi nel 2050, con conseguente, come è facile immaginare, devastanti. Anche per la viticoltura, come racconta lo studio pubblicato dalla rivista Usa “Proceedings of National Academy of Sciences” curato dal professore dell’Università spagnola di Alcalà Ignacio Morales-Castilla, (che il sito Winenews.it rilancia in Italia) che assicura però come esista ancora un’opportunità per adattare la viticoltura e l’agricoltura alle pressioni dovute al riscaldamento globale che, secondo i ricercatori, minacciano l’85 per cento delle aree vinicole nel mondo, con le regioni più calde, come l’Italia, che rischiano di affrontare perdite ancora più significative, pari al 90% dei vigneti. I ricercatori hanno esaminato l’idoneità climatica di 11 varietà - Cabernet Sauvignon, Chasselas, Chardonnay, Grenache, Merlot, Monastrell (conosciuto anche come Mourvedre), Pinot Noir, Riesling, Sauvignon Blanc, Syrah e Ugni Blanc - che rappresentano un terzo della superficie coltivata a livello globale. Per le 11 varietà, i ricercatori hanno applicato un modello previsionale per capire dove e come germoglierebbero e maturerebbero nelle diverse regioni vinicole in tre diversi scenari: 0, 2 e 4 gradi di riscaldamento. Quindi hanno usato le proiezioni sui cambiamenti climatici per vedere dove sarebbero stato possibile coltivare quelle varietà in futuro. Le perdite erano inevitabili in entrambi gli scenari di riscaldamento (+2 e +4 gradi), a causa delle temperature e dei cambiamenti stagionali che avrebbero influenzato le maturazioni delle diverse varietà. Fattori che influenzerebbero, e molto, la qualità dei vini. Il team ha però rilevato come “cambiando queste varietà, è possibile ridurre le perdite di un importo significativo”, ha dichiarato Benjamin Cook del Lamont-Doherty Earth Observatory della Columbia University’s e del Goddard Institute for Space Studies della Nasa, co-autore della ricerca. Con 2 gradi di riscaldamento globale e nessun tentativo di adattamento, il 56% delle aree viticole del mondo potrebbe non essere più adatto alla viticoltura, ma se i viticoltori passassero a varietà più adatte al cambiamento climatico, si perderebbe solo il 24%. Ad esempio, in Borgogna il Mourvedre e il Grenache, amanti del caldo, potrebbero sostituire le varietà attuali come il Pinot Nero, mentre a Bordeaux, Cabernet Sauvignon e Merlot potrebbero essere sostituiti - ancora - dal Mourvedre. Secondo gli scienziati, inoltre, le regioni viticole più fresche come la Germania, la Nuova Zelanda e il Pacifico nord-occidentale degli Stati Uniti, uscirebbero indenni dallo scenario che prevede un riscaldamento di due gradi, e queste aree potrebbero diventare adatte a varietà più calde, come il Merlot e il Grenache, mentre le varietà che preferiscono temperature più fredde, come il Pinot Nero, potrebbero espandersi verso nord in regioni che attualmente non sono adatte alla viticoltura. Le regioni viticole che sono già calde adesso, come l’Italia, la Spagna e l’Australia, rischiano invece le maggiori perdite, perché sono già limitate a piantare le varietà più calde. Con un aumento delle temperature di 4 gradi, invece, puntare su varietà diverse potrebbe portare a ridurre le perdite dall’85 al 58%, o circa un terzo. Il passaggio da un vitigno all’altro, del resto, potrebbe comportare sfide significative, ma non insormontabili, legali, culturali e finanziarie, ma di certo non è l’unica risposta possibile al global warming: anche pratiche di gestione come l’aumento dell’irrigazione e l’uso di teli ombreggianti possono aiutare a proteggere le viti, ma solo a livelli più bassi di riscaldamento. In definitiva, l’efficacia di qualsiasi strategia dipende dal fatto che i coltivatori abbiano le opzioni e le risorse per adattarsi su scala locale, ma anche dalla riduzione delle emissioni di gas serra e dalla limitazione del riscaldamento a livello globale, affermano gli autori.

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