L'espresso italiano ha superato il thé nei consumi britannici fuori casa: parola della ricerca "The Cappuccino Conquests", coordinata da Jonathan Morris, docente di Storia europea moderna all'Università di Hertfordshire, che l'ha presentata alla Fiera di Rimini per la seconda convention degli "Espresso Italiano Specialist", promossa dall'Istituto nazionale espresso italiano (Inei).
Dagli anni Cinquanta a oggi il caffé italiano ha conosciuto un crescente apprezzamento nel Regno Unito fino ad arrivare a soppiantare, fuori dalle pareti domestiche, la bevanda nazionale inglese.
Qualche dato: nel 1997, i coffee shop inglesi erano 4.700, nel 2005 sono diventati 8.780. Più dell' 80% degli inglesi si reca al bar una volta alla settimana e uno su cinque tutti i giorni, ma la rivoluzione è "il passaggio al caffé all'italiana, cioé alle bevande a base di espresso - ha spiegato il professor Morris - così come per gli americani, anche gli inglesi preferiscono berlo sotto forma di cappuccino o di caffelatte, per un ammontare di circa il 90% del mercato. Tuttavia, a differenza degli americani, la quali totalità degli inglesi beve il caffé sul posto, nel bar". Come nuova strategia per il settore in Italia c'é invece il "marketing olfattivo" illustrato da Luigi Odello, professore di Analisi sensoriale nelle Università di Verona, Udine e Cattolica di Piacenza, oltre che segretario generale dell'Inei.
"L'olfatto - ha spiegato - è il persuasore occulto: tra tutti i sensi è quello che ha concretamente l'ultima parola". E ha dettato "tre regole chiave per un "marketing olfattivo" efficace al bar: autenticità (igiene, cose buone e bella gente); coerenza (in primo piano toni vanigliati e speziati, in secondo piano i floreali e fruttati) e variazioni armoniche psicologiche nella giornata (aromi caldi di pasticceria, vaniglia, cioccolato e pane tostato con note agrumate in secondo piano la mattina; aromi floreali e fruttati verso mezzogiorno; aromi speziati la sera)".
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