“La produzione alimentare mondiale complessivamente è in eccesso, quindi teoricamente non ci sono rischi alimentari, eppure ci sono tra i 700 e gli 800 milioni di persone che soffrono la fame, come emerge dai dati Fao sul 2021”. Così Mauro Agnoletti, professore titolare della cattedra Unesco per il Paesaggio del Patrimonio Agricolo all’Università di Firenze. “Ciò succede perché non tutti riescono ad accedere ai surplus di cibo o hanno risorse economiche sufficienti a pagare il prezzo di mercato richiesto - continua Agnoletti - e perché vi sono incredibili sprechi di cibo. Le molteplici crisi sanitarie, ambientali, politiche ed economiche e i meccanismi di mercato hanno però un altro effetto perverso. Quando le risorse di cereali, ad esempio, sono in mano a grandi gruppi agroindustriali o pochi Paesi produttori, essi impongono i loro prezzi e i loro standard qualitativi, mentre i piccoli agricoltori sono messi fuori mercato e smettono di produrre”, prosegue Agnoletti.
“Si spiega anche così perché in Italia abbiamo abbandonato oltre 10 milioni di ettari di aree agricole e, assieme ad una floridissima industria agro alimentare, abbiamo il 75% del territorio rurale in stasi o recessione economica e importiamo il 60% del cibo dall’estero. Collegandosi all’attualità, accade poi che se un conflitto limita la circolazione delle derrate alimentari o ne fa aumentare eccessivamente il prezzo, non abbiamo più coltivazioni nazionali per reagire agli shock e siamo esposti ai fattori internazionali: ci basterebbero 1,4 milioni di ettari per essere autosufficienti in grano, a livello nazionale. Se questo complesso di fattori critici accade in Italia non moriamo di fame - conclude Agnoletti - ma se accade in un Paese in via di sviluppo è una catastrofe”.
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