Un affare da 60 miliardi di euro l’anno. A tanto ammonta il business dell’agropirateria internazionale nei confronti del “made in Italy”. Dal prosciutto di Parma al Parmigiano reggiano, dal vino all’olio d’oliva, è un continuo proliferare di “tarocchi” che provocano danni ingenti all’intera filiera agroalimentare, dai campi all’industria della trasformazione. Solo all’agricoltura il fenomeno dei “falsi d’autore” costa oltre 3 miliardi di euro l’anno. Lo ha affermato la Cia - Confederazione Italiana Agricoltori, ieri, nell’audizione in Commissione parlamentare di inchiesta sui fenomeni della contraffazione e della pirateria in campo commerciale, a Palazzo San Macuto.
In Italia - ha ricordato la Cia - si realizza più del 22% dei prodotti a denominazione d’origine registrati a livello comunitario. A questi vanno aggiunti gli oltre 400 vini Doc, Docg e Igt e gli oltre 4.000 prodotti tradizionali censiti dalle Regioni e inseriti nell’Albo nazionale. Una lunghissima lista di prodotti che ogni giorno, però, rischia il “taroccamento”.
Basti pensare che solo in America - ha sottolineato la Cia - il giro d’affari legato alle imitazioni dei più famosi formaggi nostrani supera abbondantemente i 2 miliardi di dollari l’anno. Esistono, infatti, il Provolone e l’Asiago prodotti nel Wisconsin, la Robiola del Canada e la Mozzarella del Texas. Ma “l’italian sounding” investe anche altri prodotti di punta del Belpaese: c’è il “Parmesao” (Brasile) e il “Regianito” (Argentina), il “Daniele Prosciutto & company” e il “Parma Ham” (Usa), fino alla ‘Tinboonzola’ (Australia) e alla “Cambozola” (Germania, Austria e Belgio).
La situazione, quindi, è - ha continuato la Cia - di estrema gravità. Ci troviamo di fronte a un immenso supermarket dell’”agro-scorretto”, del “bidone alimentare”, dove a pagare è solo il nostro Paese. E il danno, purtroppo, è destinato a crescere, visto che a livello mondiale ancora non esiste una vera difesa dei nostri Dop, Igp e Stg. Una difesa che non significa soltanto la tutela di un patrimonio culturale e culinario, dell’immagine stessa dell’Italia, ma anche la valorizzazione di un settore economico che ha un fatturato al consumo di quasi 9 miliardi di euro l’anno, di cui 2 miliardi circa legati all’export.
Di fronte a questa “rapina” giornaliera ora bisogna dire basta -ha concluso la Cia-. Per mettere un freno all’agropirateria internazionale servono: interventi finanziari, sia livello nazionale che comunitario, per sostenere l’assistenza legale di chi promuove cause (in particolare i consorzi di tutela) contro chi falsifica i prodotti alimentari; l’istituzione di una “task-force” in ambito europeo per contrastare tutte le truffe e le falsificazioni alimentari; sanzioni più severe (anche con l’arresto) nell’Ue contro chiunque imiti prodotti a denominazione d’origine; un’azione più decisa da parte dell’Europa nel negoziato Wto per un’effettiva tutela per le Dop, Igt e Stg; l’introduzione di regole chiare e affidabili sull’etichettatura d’origine, che va estesa a tutti i prodotti garantendo trasparenza e tracciabilità ai consumatori.
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