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VISIONI DI FUTURO

Alberi e boschi, alleati naturali per il futuro della vite, tra climate change e biodiversità

Il messaggio degli esperti riuniti nel convegno “Il vino e il bosco - alberi che fanno bene ai vigneti” a Castello di Meleto, in Chianti Classico
ALBERI, AMBIENTE, BIODIVERSITÀ, BOSCHI, CASTELLO DI MELETO, CLIMATE CHANGE, VITE, VITE MARITATA, Italia
Castello di Meleto, abbracciato da boschi e vigneti, in Chianti Classico

In un passato neanche troppo lontano, almeno in Italia, non era raro vedere vigneti con i filari intervallati ad alberi da frutto, ma anche la cosiddetta “vite maritata”, tecnica di coltivazione di origine etrusca, quasi scomparsa, con la vite arrampicata agli alberi, e che resiste ancora oggi, per esempio, con l’Asprinio di Aversa, in Campania. Eppure, oggi che la viticoltura è specializzata, con vigneti che pettinano pianure e colline, ma anche terrazzamenti di alta montagna o che si tuffano nel mare, il futuro potrebbe essere una sorta di ritorno al passato, con una nuova alleanza tra alberi e vite, per contrastare il climate change, per favorire a biodiversità, ma anche per ricreare habitat appetibili per insetti e uccelli “utili” anche alla vigna, e per animali selvatici che trovando cibo e riparo altrove, potrebbero essere meno attratti dalle vigne stesse, per le quali rappresentano una minaccia sempre più seria. Questa, almeno, la tesi sostenuta e approfondita nel convegno “Il vino e il bosco - alberi che fanno bene ai vigneti”, andato in scena, ieri, a Castello di Meleto, una delle tenute più belle e storiche del Chianti Classico, a Gaiole in Chianti, con esperti e studiosi che hanno acceso la luce su un argomento di grande attualità che offre possibili risposte ad uno scenario sempre più complesso, caratterizzato da andamenti climatici estremi, invasioni di animali e alterazioni dell’equilibrio naturale.
Uno scenario non causale, quello di Castello di Meleto, diretto da Michele Contarese, che anche consigliere del Biodistretto del Chianti e del Distretto Biologico del Chianti, ambizioso progetto fortemente voluto dalla comunità del Chianti Classico, che prevede un’auto regolamentazione in tema ambientale e la promozione di buone pratiche. Un sistema che funziona, tanto che, come annunciato da Contartese, è stato approvato in questi giorni un progetto di formazione, promosso dal Biodistretto del Chianti, che riguarderà la formazione degli operatori su temi specifici come Comunicare il biologico e, in particolare, la “Gestione del bosco”. Bosco che è un forte (e spesso sottovalutato) baluardo di biodiversità, che va protetta, come sottolineato dall’agronomo Ruggero Mazzilli, fondatore del Biodistretto del Chianti: “la territorialità non si crea ma si può distruggere - ha affermato Mazzilli - e fare viticoltura di territorio significa misurarsi ogni giorno con la natura e intervenire meno ma meglio. Un valore fondamentale è dato dalla biodiversità che permette di arricchire anche il prodotto vino. Quando si cammina in una campagna ben conservata si sentono i profumi della natura, dati da erbe, fiori, arbusti, proprio questi profumi si attaccano alla buccia grazie alla pruina e rendono anche il vino più ricco”. Ed in questo senso, piante e bosco intorno alle vigne giocano un ruolo importantissimo, come hanno spiegato l’arboricoltore Stefano Lorenzi, ed il dottore forestale Luca Mamprin, artefici di un interessante studio sull’importanza degli alberi per le viti, presentato alla Conferenza Mondiale di Arboricoltura di Malmö. “Gli alberi portano molti più benefici al vigneto di quanto non pensiamo - hanno detto Lorenzi e Mamprin - e non a caso nel passato alberi e vigna convivevano in varie forme. Oggi invece la viticoltura specializzata ha eliminato questo elemento ritenuto non necessario per molti motivi. Gli alberi consentono di aumentare anzitutto la biodiversità vegetale e animale fuori e dentro al vigneto, basti pensare che oggi conosciamo solo l’uno per mille delle interazioni delle radici vegetali nel sottosuolo ma queste interconnessioni sono essenziali per la salute della vite”. Tra i benefici più evidenti, hanno spiegato gli esperti, ci sono poi la capacità di mitigare il clima, grazie all’ombreggiamento delle fronde, che contrastano le scottature, ma anche il mantenimento di una umidità più costante. Gli alberi sono utili anche per smorzare la forza del vento e, talvolta, ridurre i danni delle grandinate.Lorenzi e Mamprin hanno offerto anche una spiegazione proprio gli eventi estremi che si stanno sempre più abbattendo sulle coltivazioni. “Ciò che sta accadendo è legato anche alla desertificazione delle aree urbane che, un tempo, erano circondate da zone verdi, oggi invece da aree industriali cementificate, che determinano la creazione di bolle di calore che si scaricano poi nelle grandinate. Le grandinate che si sono abbattute nel Monferrato, ad esempio, sono state prodotte da bolle di calore che si sono create in città ma che hanno determinato poi devastazioni nella parte agricola”. Anche in questo caso, una possibile risposta è ripensare agli spazi, perché ogni soluzione deve contemplare la gestione di aree urbane e agricole, che non possono essere viste come realtà autonome. “Gli alberi, e in particolare il bosco, consentono di mitigare il freddo e il caldo, ridurre le gelate e i danni della grandine e riparare i vigneti dalle scottature del grappolo. Gli alberi creano l’ombra - hanno aggiunto Lorenzi e Mamprin - e proprio l’ombra sarà il nuovo valore. Nelle ultime 20 annate, infatti, il problema è stato più il sole che la pioggia. Un altro grande beneficio offerto dagli alberi è l’intercettazione delle acque meteoriche: grazie alle radici gli alberi trattengono l’acqua evitando il dissesto e il compattamento del terreno nel caso di grandi piogge”.
Ma il bosco, e gli alberi più in generale, consentono di conoscere meglio le potenzialità del vigneto, sia perché aumentano la biodiversità ma anche perché permettono lo sviluppo di molte più forme di lieviti spontanei sulle uve e proprio in questo periodo si sta compiendo uno studio per capire se questi lieviti siano in grado di rendere più ricco il corredo aromatico di un vino. “Insomma, le uve dei vigneti situati vicino ai boschi sono più ricche di forme di vita”, è la sintesi estreme.
Uno dei maggiori vantaggi, però, è lo sviluppo e la protezione della biodiversità, in particolare dei pronubi (animali e insetti che impollinano i fiori, ndr), degli insetti buoni e degli uccelli. Questi ultimi sono sempre più a rischio, basti pensare che in Italia il 70% delle specie è a rischio di estinzione. Tra quelle più utili per il vigneto, secondo gli esperti, ci sono cinciallegra, averla piccola, cappellaccia, cinciarella. Gli uccelli però possono essere considerati “insetticidi generalisti” di fondamentale importanza. Eppure, sono visti spesso come dannosi perché mangiano l’uva, ma in realtà i vantaggi superano di gran lunga i danni, basti pensare che si nutrono di larve e insetti spesso molto dannosi per il vigneto. Infine, il bosco e gli alberi possono anche aiutare a rispondere alla calamità degli animali selvatici, particolarmente presente in Toscana e nelle regioni limitrofe. “Può sembrare paradossale ma i danni provocati dagli animali selvatici si possono prevenire creando dei luoghi ospitali all’interno del bosco, dove possano trovare acqua e cibo. In questo modo - hanno sottolineato ancora Lorenzi e Mamprin - divengono meno interessati alla vigna. Tra le cose che si possono fare per creare questo ambiente ci sono l’installazione di abbeveratoi, la pulitura del bosco con la creazione di stradine che portino lontano dai vigneti e che siano agevoli da percorrere per gli animali, la pulizia delle acacie infestanti, la semina essenze erbacee a fioritura scalare”. Spesso i cinghiali si recano nei vigneti perché assetati e affamati, per evitare che mangino i grappoli si possono piantare alcuni filari di patate, ad esempio, sul limitare dell’appezzamento. I cinghiali andranno lì perché troveranno nei tuberi una facile fonte di nutrimento. Lorenzi e Mamprin hanno poi lanciato un monito ai produttori: “oggi siamo troppo concentrati sulla vigna, ovviamente dobbiamo lavorare sul vitigno, il portainnesto, lo spostamento del vigneto, ma la vigna è solo il 10% del sistema. Noi invece dobbiamo ricreare l’organismo per contrastare il cambiamento climatico e ricreare un equilibrio. Un equilibrio che non può prescindere nemmeno dalla considerazione delle aree urbane perché sistema agricolo e urbano non possono più essere visti come autonomi: anche in questo caso ricreare l’equilibrio è fondamentale. Ovviamente qui ci si sposta su un piano molto più complesso, dove il singolo può fare poco. Nel proprio piccolo però i viticoltori possono ripristinare l’equilibrio dell’ambiente che circonda il sistema vigneto”.

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