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ALIMENTARE & CONTRAFFAZIONE - SEQUESTRATI MILLE FALSI PROSCIUTTI DI PARMA

Una maxi-operazione di vigilanza del Consorzio del Prosciutto di Parma ha portato al sequestro di 1.000 falsi prosciutti di Parma: l’operazione, la più rilevante nella storia dell’Ufficio Affari Legali e Vigilanza del Consorzio, si è protratta per oltre 2 mesi ed è nata da un’indagine del Consorzio, avviata in ottobre a Bari, dove sono stati sequestrati i primi prosciutti contraffatti.

L’oggetto della contraffazione è il noto marchio a fuoco, la “corona ducale”, che contraddistingue il prosciutto di Parma originale, ma che questa volta era stata apposta con un timbro falso su prosciutti non genuini. Dopo una lunga attività di ispezioni ed interrogatori sono emersi i nomi dei responsabili della falsificazione, rappresentanti di due aziende, una di Rovigo e l’altra di Vicenza, che operano nel settore della lavorazione e del commercio di salumi.

In stretta collaborazione con i Carabinieri del Nas di Padova e dalla Procura della Repubblica di Vicenza, gli ispettori del Consorzio hanno seguito le tracce dei prosciutti falsi in Puglia, Campania, Emilia-Romagna e Sicilia.

1.000 falsi prosciutti di Parma sono stati sequestrati, ed al termine delle indagini i soggetti coinvolti hanno consegnato i timbri falsi utilizzati per la contraffazione; sono quindi scattate denunce a piede libero per i rappresentanti delle due aziende che hanno commercializzato il prodotto e per gli artigiani ferraresi che hanno fornito loro il timbro falso per marchiare i prosciutti. Rischiano tutti una condanna penale per frode in commercio, una sanzione amministrativa pecuniaria per la contraffazione del marchio, oltre a dover risarcire i danni provocati all'immagine del Consorzio e della Dop Prosciutto di Parma.

Mentre si chiudeva questa indagine, dal Tribunale di Avellino - ha reso noto il Consorzio - si è appreso di una “condanna esemplare” per un imprenditore campano indagato nel ‘99, in seguito ad un’altra operazione di vigilanza del Consorzio. I reati sono sempre gli stessi, frode in commercio e contraffazione del marchio “Corona”, anche se in questo caso la dimensione della frode era di minor rilevanza.

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