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ALLARME SERVIZI SEGRETI: LA CRISI FA AUMENTARE IL RISCHIO AGGRESSIONE AL MADE IN ITALY DA PARTE DI GRUPPI ESTERI. CIA-CONFEDERAZIONE ITALIANA AGRICOLTORI: “NUOVE POLITICHE PER TUTELARE IL PATRIMONIO DEL PAESE”. COLDIRETTI: “ALLARME BIOTERRORISMO”

L’agroalimentare italiano è sempre più terra di conquista straniera. Negli ultimi anni sono passati oltre confine marchi storici del nostro Paese come Parmalat, Bertolli, Buitoni, Perugina, Galbani, Carapelli, ma anche Invernizzi, Locatelli e Cademartori. E così, le multinazionali finiscono per mettere mano su un patrimonio di 210 miliardi di euro l’anno, rendendo indispensabili nuove politiche che pongano un freno a questa emorragia e tutelino un grande patrimonio del nostro Paese. Lo sostiene la Cia-Confederazione Italiana Agricoltori, commenta la relazione dei Servizi Segreti al Parlamento che evidenzia il rafforzamento, soprattutto a causa della difficile congiuntura economica che sta vivendo il nostro sistema, dell’azione “aggressiva di gruppi esteri” che puntano a acquisire “patrimoni industriali, tecnologici e scientifici nazionali”, nonché “marchi storici del made in Italy, a detrimento della competitività delle nostre imprese strategiche”. E Coldiretti, a causa di questi passaggi in mani straniere di molti marchi storici del made in Italy a tavola, lancia l’allarme del bioterrorismo, con circa il 25% dei prodotti alimentari consumati che proviene dall’estero.

La crisi economica, sottolinea la Cia, rende più vulnerabili le nostre imprese agroalimentari che sono così prese di mira da gruppi stranieri che mettono in atto particolari manovre di acquisizione per scippare dei marchi e conquistare sempre più spazio nel settore. E i danni sono evidenti soprattutto per i nostri agricoltori, che vedono ridurre le vendite in quanto l’approvvigionamento di queste società è rivolto ad altri mercati. In questo modo il made in Italy s’impoverisce, visto che ormai le multinazionali controllano oltre il 70% dei prodotti che finiscono sulle nostre tavole.

La Relazione dei Servizi Segreti, continua la Cia, ha messo il dito nella piaga, evidenziando una situazione sempre più difficile che ora la crisi economica rischia di far divenire drammatica. L’agroalimentare italiano è strategico e deve essere tutelato. Non si può continuare ad assistere passivamente all’assalto dello straniero che in questo importante settore è diventato un indisturbato conquistatore. Non vogliamo essere tacciati per nazionalisti o per protezionisti, ma non si può permettere che il made in Italy agroalimentare finisca totalmente in mani estere. Bisogna porre un freno. Ci vogliono regole chiare. Ecco perché insistiamo sull’esigenza di un serio e concreto intervento che impedisca scalate attraverso le quali si rischia di mettere sotto controllo un comparto fondamentale per il nostro sistema economico che, oltre a determinare una spesa complessiva che supera i 210 miliardi di euro l’anno, registra un export che si avvicina ai 30 miliardi di euro.
Per Coldiretti il problema è anche il bioterrorismo, perché, spiega l’associazione, il sistema agroalimentare italiano è particolarmente sensibile alle attività terroristiche tanto che negli Stati Uniti è stato varato un apposito Bioterrorism Act con l’obiettivo di permettere alle autorità di prevenire, identificare velocemente ed eliminare le fonti di pericolo. La Food and Drug Administration (Fda), continua la Coldiretti, deve essere avvisata preventivamente e fornisce un permesso elettronico per l’arrivo di prodotti importati e può bloccare le partite o gli alimenti sospetti mentre è fatto obbligo di registrazione a tutti gli stabilimenti che operano nell’ambito della produzione, trasformazione, imballaggio di prodotti inclusi, mangimi, integratori, bevande e alimenti per lattanti. Il settore alimentare viene identificato negli Usa come “infrastruttura critica” che ricomprende i “sistemi o beni - sia fisici che informatici - così vitali per la nazione che la loro inefficienza o distruzione avrebbe un impatto debilitante sulla sicurezza nazionale, economica nazionale e/o sulla sicurezza della salute pubblica”. Questo significa che le eventuali operazioni di acquisizione da parte di gruppi stranieri è sottoposto a procedure più complesse, a differenza di quanto avviene in Italia dove ad essere presi di mira sono soprattutto i prodotti simbolo dell’Italia e della dieta mediterranea, dall’olio al vino fino alle conserve di pomodoro.

L’ultimo “pezzo da novanta” del made in Italy a tavola ad essere ceduto in parte agli stranieri è stato il riso Scotti, sottolinea Coldiretti, con il 25% della proprietà dalla famiglia pavese al colosso industriale Ebro Foods, spagnolo, detentore di sessanta etichette in venticinque diversi Paesi. Nel 2012, ricorda la Coldiretti, la Ar Pelati è stata acquisita dalla società Princes controllata dalla Giapponese Mitsubishi mentre nello stesso periodo la Gancia, casa storica per la produzione di spumante, è stata acquistata dall'oligarca Rustam Tariko, proprietario della banca e della vodka Russki Standard. La francese Lactalis è stata, invece protagonista, sottolinea la Coldiretti, dell’operazione che ha portato la Parmalat a finire sotto controllo transalpino. Ma andando indietro negli anni non mancano altri casi importanti, dalla Bertolli, acquisita nel 2008 dal gruppo spagnolo Sos, alla Galbani, anche questa entrata in orbita Lactalis, nel 2006. Lo stesso anno gli spagnoli hanno messo le mani pure sulla Carapelli, dopo aver incamerato anche la Sasso appena dodici mesi prima. Nel 2005, continua la Coldiretti, la francese Andros aveva acquisito le Fattorie Scaldasole, che in realtà parlavano straniero già dal 1985, con la vendita alla Heinz. Nel 2003 hanno cambiato bandiera anche la birra Peroni, passata all'azienda sudafricana SabMiller, e Invernizzi, di proprietà da vent’anni della Kraft e ora finita alla Lactalis. Negli anni Novanta erano state la Locatelli e la San Pellegrino ad entrare nel gruppo Nestlè, anche se poi la prima era stata “girata” alla solita Lactalis (1998). La stessa Nestlè, prosegue, Coldiretti - possedeva già dal 1995 il marchio Antica Gelateria del Corso e addirittura dal 1988 la Buitoni e la Perugina. Il made in Italy alimentare, sottolinea Coldiretti, è diventato un’appetibile terra di conquista per gli stranieri con la tutela dei marchi nazionali che è una priorità per il Paese, per motivi economici, occupazionali, sanitari ed anche di sicurezza nazionale come confermano la relazione dei nostri 007 e le misure di protezione adottate da Paesi come gli Stati Uniti. Si è iniziato con l’importare materie prime dall’estero per produrre prodotti tricolori. Poi, si è passati ad acquisire direttamente marchi storici e il prossimo passo rischia di essere la chiusura degli stabilimenti italiani per trasferirli all’estero. Un processo, conclude la Coldiretti, favorito dalla crisi di fronte al quale occorre accelerare nella costruzione di una filiera agricola tutta italiana che veda direttamente protagonisti gli agricoltori per garantire quel legame con il territorio che ha consentito ai grandi marchi di raggiungere traguardi prestigiosi.

Focus - I marchi del made in Italy che non c’è più

2013
Riso Scotti: ceduto il 25 % della proprietà dalla famiglia pavese al colosso industriale spagnolo Ebro Foods

2012

Pelati Ar - Antonio Russo: acquisito nel 2012 dalla società Princes controllata dalla Giapponese Mitsubishi

2011

Parmalat: acquisito dalla francese Lactalis

Gancia: acquisito dell'oligarca Rustam Tariko, proprietario della banca e della vokda Russki Standard

2008

Bertolli: venduto a Unilever e quindi acquisito dal gruppo spagnolo Sos

2006

Galbani: acquisito dalla francese Lactalis

Carapelli: acquisito dal gruppo spagnolo Sos

2005

Sasso: acquisito dal gruppo spagnolo Sos

Fattorie Scaldasole: venduto a Heinz nel 1995 e quindi acquisito dalla francese Andros

2003

Peroni: acquisito dall'azienda sudafricana SabMiller

Invernizzi: venduto a Kraft nel 1985 e quindi acquisito dalla francese Lactalis

1998

Locatelli: venduto a Nestlè e quindi acquisito dalla francese Lactalis

San Pellegrino: acquisito nel 1998 dalla svizzera Nestlé

1993

Antica Gelateria del Corso: acquisito dalla svizzera Nestlè

1988

Buitoni: acquisito dalla svizzera Nestlè

Perugina: acquisito dalla svizzera Nestlè

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