02-Planeta_manchette_175x100
Consorzio Collio 2024 (175x100)

ALTRO CHE JUNK FOOD, LA COCA COLA RAPPRESENTA IL 3,1% DELLA SPESA ALIMENTARE DEGLI ITALIANI, E SE SE NE ANDASSE, L’ITALIA PERDEREBBE 221 MILIONI DI EURO IN VALORE AGGIUNTO E 3.500 POSTI DI LAVORO. A DIRLO, UNO STUDIO DELL’ECONOMISTA ETHAN KAPSTEIN

Altro che junk food, la Coca Cola rappresenta, con gli altri prodotti della multinazionale di Atlanta, il 3,1% della spesa alimentare degli italiani, tanto che il gruppo rivendica l’italianità della sua produzione, che dà lavoro a 45.300 persone e porta 3,1 miliardi di valore aggiunto e 1,2 miliardi di tasse nello studio “L’impronta socioeconomica di Coca-Cola”, a cura dell’economista Ethan Kapstein dell’Insead. Se tutto questo dovesse finire, con la scelta del colosso americano di spostare all’estero la produzione, “per esempio in conseguenza di un aumento delle tasse - ha detto Kapstein - l’Italia andrebbe incontro a una perdita di 221 milioni di euro in valore aggiunto e quasi 3.500 posti di lavoro”. “È solo un’ipotesi di scenario - ha aggiunto il direttore generale Affari pubblici per l’Europa di The Coca-Cola Company, Salvatore Gabola - noi non intendiamo assolutamente lasciare questo paese”.

La proposta di una tassa sulle bevande gassate o sul cibo spazzatura, arrivata a più riprese dal ministro per la Salute Renato Balduzzi, però, è giudicata da Gabola “un approccio discriminatorio, insensato e dannoso per l’economia”. “Il precedente della Francia ha portato a una riduzione del 3% del mercato delle bevande non alcoliche e un impatto sulla salute pari a zero”, secondo il direttore generale. Il fatturato dei prodotti Coca-Cola in Italia è di circa 3,7 miliardi di euro. Gli ultimi dati disponibili sono relativi al 2010, ma “sono in linea con i risultati del 2011 e le tendenze del 2012”, spiega il direttore comunicazione della Coca Cola Hbc Italia, Alessandro Magnoni. Nonostante le performance economiche, il rinnovo dei contratti per la fornitura delle arance nella Piana di Gioia Tauro, è avvenuto tra le polemiche, a marzo, a causa delle condizioni di lavoro dei migranti. “Vogliamo approvvigionarci localmente, ma sarà difficile senza gli standard di qualità e sostenibilità di cui abbiamo bisogno per i nostri prodotti”, ha affermato Gabola. “Abbiamo dato la nostra disponibilità al ministro dell’Agricoltura - ha aggiunto il manager - a lavorare con i produttori locali per migliorare la competitività e la salute del comparto. Ma siamo una parte minima della produzione, da soli non possiamo fare molto. L’approvvigionamento diventa più facile se ci si assicura che ai produttori agricoli vengano corrisposti per le arance almeno 15 centesimi di euro al chilo”, ha risposto in una nota la Coldiretti. Secondo l’associazione, agli agricoltori oggi vanno solo 3 centesimi per ogni bottiglia di aranciata venduta sugli scaffali a 1,30 euro.

Copyright © 2000/2024


Contatti: info@winenews.it
Seguici anche su Twitter: @WineNewsIt
Seguici anche su Facebook: @winenewsit


Questo articolo è tratto dall'archivio di WineNews - Tutti i diritti riservati - Copyright © 2000/2024

Altri articoli