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NEL GRANDE TERRITORIO VERONESE

“Amarone in vetta” per la biodiversità: valorizzare il Monte Baldo per tutelare la Valpolicella

Per preservare la biodiversità e salubrità di un territorio, serve coinvolgere il suo contesto: l’appello delle Famiglie Storiche dal Rifugio Chierico

Cosa c’entra il Monte Baldo con la Valpolicella? C’entra per almeno due motivi: l’influenza geografica e l’influenza culturale. Da un lato, l’orografia di questo isolato (e un po’ dimenticato) monte veronese che, dalla ventilazione alla biodiversità, ha da sempre contribuito alla formazione del microclima particolare che coinvolge tutto il suo contesto, Valpolicella compresa. Dall’altro il legame culturale, che oggi fa i conti con la necessità di tutelare il nostro patrimonio ambientale anche dal punto di vista agricolo. E la Valpolicella non può permettersi di riscoprire e difendere il benessere agroecologico dei suoi declivi senza coinvolgere anche la montagna che ha contribuito a creare la sua fortuna. L’idea di “Amarone in vetta” delle Famiglie Storiche (organizzata insieme all’Antica Bottega del Vino, Simone Montagnoli di Soluzionivino e il professor Andrea Sbarbati dell’Università di Verona) nasce da questi presupposti e sfocia in una gita enogastronomica sul Rifugio Chierego a 1911 metri di altitudine con un obiettivo, anche di lungo periodo: richiamare l’attenzione di tutti gli attori in gioco (istituzioni, produttori, ristoratori, media e consumatori) per riscoprire il valore del “Giardino d’Europa”, in modo da difenderlo e valorizzarlo proprio come estensione del progetto di tutela di uno dei territori vitivinicoli italiani più prestigiosi e conosciuti al mondo: quello dell’Amarone.
“La Valpolicella e il Monte Baldo - spiega il professor Sbarbati, direttore del Dipartimento di Neuroscienze, Biomedicina e Movimento e da anni coinvolto in progetti di tutela del Monte Baldo - rappresentano un’unica struttura, sia dal punto di vista geologico, che storico e culturale. La Valpolicella si trova alle pendici del Monte Baldo e già nei periodi antichi i ghiacciai hanno scavato queste valli che formano la Valpolicella e hanno creato l’identità strutturale del Monte Baldo. Oggi forse c’è anche qualcosa in più, un aspetto culturale che lega le due regioni”. La particolarità del Monte Baldo, unica in Europa, deriva dalla sua posizione: ultima vetta alta dell’arco alpino, è rimasto escluso dall’ultima “Piccola età glaciale” che ha interessato il nostro continente fra il 1300 e il 1900 e questo ha fatto sì che in un unico rilievo si concentrassero tutti i climi d’Europa. Dalle pendici alla vetta, infatti, si passa da quello mediterraneo (con i suoi caratteristici olivi, limoni e viti) alla tundra norvegese (assenza di alberi, ma presenza di erbe basse, muschi e licheni), passando per boschi di latifoglie, conifere e infine prati alpini, dove si concentra la maggior biodiversità.
Un piccolo miracolo di enorme ricchezza botanica, che divide il Lago di Garda dalla Valpolicella, appunto. E che gioca un ruolo di protagonista anche nella formazione delle correnti: a scendere i venti freddi provenienti dalle Alpi (e che il Baldo incanala verso entrambi i suoi lati, lacustre e collinare), a salire i venti termici che si creano con l’aumentare delle temperature: la famosa “Ora del Garda”, gioia dei velisti di Torbole e fortuna dei viticoltori veronesi. Perché si sa, l’escursione termica è uno dei fattori determinanti per la produzione di uve di qualità, insieme alla salubrità del territorio in cui crescono, come ricorda Sabrina Tedeschi, presidente delle Famiglie Storiche: “la Valpolicella è una zona piuttosto ricca in quanto a biodiversità perché vi crescono varietà viticole differenti ed è un territorio che sta lavorando anche verso la sostenibilità dell’ambiente. Ognuno di noi ha preso coscienza dell’importanza di lavorare la terra in maniera più rispettosa e questo favorisce il recupero di un territorio vivo. Molto importante perché arricchisce anche il nostro prodotto, in particolare l’Amarone. E noi, come Famiglie, pensiamo che si debba prima o poi raggiungere una diversificazione - spiega Sabrina Tedeschi a WineNews - o un riconoscimento della collina della Valpolicella. Il terreno ed il clima sono diversi da quelli della pianura, noi questo lo diciamo da tanti anni, lo continuiamo a ribadire, e speriamo che prima o poi venga riconosciuta una identità precisa al territorio. Che non vuol dire non riconoscere il valore della pianura, ma pensare ad una produzione differente tra collina e pianura, anche in termini di rese, e lavorare su quella che è la storicità di un territorio, e della collina rispetto alla pianura, che è stata riconosciuta negli ultimi anni in virtù del successo di un territorio, che ovviamente si è espanso di più in pianura. È il nostro punto di vista, continueremo a battere su questo tasto, ma al di là di questo riconoscimento o meno, come singole aziende continueremo a lavorare e promuovere sempre di più l’Amarone di collina. Serve dialogo tra aziende ed istituzioni. E con il Consorzio stiamo dialogando. Ed il dialogo ha sempre portato a buone soluzioni, siamo positivi. Le battaglie non portano a nulla, non fanno bene al territorio, serve dialogo e discussione affinché si parli bene di un territorio come questo, che ha una delle economie più importanti d’Italia”.
Riflessioni nate da una camminata di 800 metri di dislivello per conoscere, quindi, l’importanza del contesto per capire e salvaguardare un terroir e per riconoscere la ricchezza di un territorio, che l’uomo tende a delimitare dentro confini ben precisi, dimenticandosi spesso che la natura i confini non sa nemmeno cosa sono. A coronare una giornata centrata sull’importanza delle influenze reciproche ambientali, il connubio fra vino e cibo curato da Luca Nicolis dell’Antica Bottega del Vino di Verona, punto di riferimento e luogo privilegiato di scambi gastronomici ed enoici, con gli Amarone delle 13 famiglie storiche che sono parte dell’associazione: Allegrini, Begali, Brigaldara, Guerrieri Rizzardi, Masi, Musella, Speri, Tedeschi, Tenuta Sant’Antonio, Tommasi, Torre D’Orti, Venturini, Zenato.

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