Il quadro, nella guerra russa in Ucraina, cambia rapidamente e continuamente. Solo ieri avevamo scritto che aziende simbolo dell’economia Usa come McDonald’s, Coca-Cola e Pepsi (ma anche Starbucks, ndr) non avevano ancora lasciato la Russia, decisione arrivata nel pomeriggio di ieri, anche sulla spinta dell’invito al boicottaggio - #BoycottMcDonalds - finito in trend topic, nei giorni scorsi, ogni angolo del mondo. Si aggiorna, così, la lista dei giganti globali che hanno deciso di sospendere - chissà per quanto - le proprie attività nel Paese che due settimane fa ha precipitato, a trent’anni dalla tragedia dell’ex Jugoslavia, l’Europa nel terrore della guerra. Segnando la fine di quella “pace di Mc Donald’s” teorizzata nel 1996 dall’editorialista del “New York Times” Thomas Friedman, secondo cui “due paesi che hanno entrambi un McDonald’s non hanno mai combattuto una guerra l’uno contro l’altro”, fissando alla perfezione l’equilibrio raggiunto, all’epoca, dal mondo globalizzato.
“The Coca-Cola Company ha annunciato in data odierna la sospensione delle proprie attività in Russia. I nostri cuori sono con le persone che stanno subendo gli effetti inammissibili dei tragici eventi che stanno avendo luogo in Ucraina. Continueremo a monitorare e valutare l’evoluzione della situazione”. Così Coca-Cola ha ufficializzato il suo addio, almeno per ora, alla Russia.
Poche ore prima, l’annuncio di McDonald’s, nelle parole del Ceo della catena di fast food americana, Chris Kempckinski: “i nostri valori significano che non possiamo ignorare l’inutile sofferenza umana in Ucraina”. Serrande abbassate, da oggi, negli 850 locali del Paese (per l’84% di proprietà della stessa Mc Donald’s, ndr), accompagnati ieri sere dalle conde interminabili dei giovani russi, che insieme agli ucraini portano nelle casse della multinazionale 2 miliardi di dollari l’anno, pari al 9% del fatturato. Mc Donald’s, che, per ovvi motivi, ha chiuso temporaneamente anche i 100 punti vendita in Ucraina, e, come ha spiegato Kempczinski, “continuerà a pagare i 62.000 dipendenti che hanno lavorato con il cuore e con l’anima per il marchio”, aspettando che la situazione si normalizzi.
Anche Starbucks ha annunciato che verranno sospese tutte le sue attività commerciali in Russia, compresa la spedizione dei suoi prodotti e i suoi bar gestiti da terzi. “Condanniamo gli orribili attacchi della Russia in Ucraina e siamo solidali con tutte le persone colpite - spiega una nota firmata dal Ceo di Starbucks, Kevin Johnson - continuiamo a monitorare i tragici eventi e oggi abbiamo deciso di sospendere tutte le attività in Russia, inclusa la spedizione di tutti i prodotti Starbucks”.
Infine, arriva l’annuncio di Pepsi, che ha deciso di sospenderà tutte le vendite in Russia, oltre agli investimenti di capitale, la pubblicità e le attività promozionali. L’azienda interromperà anche le operazioni in Ucraina, per consentire ai dipendenti di cercare sicurezza mentre la guerra si intensifica nel Paese. Il Ceo Ramon Laguarta ricorda che “la Pepsi-Cola è entrata nel mercato al culmine della Guerra Fredda e ha contribuito a creare un terreno comune tra gli Stati Uniti e l’Unione Sovietica. Tuttavia, visti gli orribili eventi accaduti in Ucraina, annunciamo la sospensione della vendita di Pepsi-Cola e dei nostri marchi globali di bevande in Russia, tra cui 7Up e Mirinda. Sospenderemo inoltre gli investimenti di capitale e tutte le attività pubblicitarie e promozionali in Russia”, come si legge in una nota. Da segnalare, infine, la cessazione delle attività di KFC e Pizza Hut, annunciato da Yum! Brands Inc, società madre dei due marchi, per cui quello russo è un mercato chiave,
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