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ANNO “NERO” PER LE CASTAGNE ITALIANE: PRODUZIONE AI MINIMI TERMINI CON CALI DELL’80%. AGLI EFFETTI DEVASTANTI DEL CINIPIDE, L’ASSENZA PROLUNGATA DI PIOGGE. LA CIA: “VERO DISASTRO ECONOMICO PER SETTORE DA 46 MILIONI DI EURO, CON 34.000 IMPRESE”

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Anno nero per le castagne

Per i produttori di castagne è l’anno peggiore di sempre. La siccità prolungata ha amplificato gli effetti deleteri dell’“insetto killer”, rendendolo più dannoso del solito e creando così un mix micidiale di effetti negativi che porterà a una raccolta magrissima, con cali generalizzati dell’80% sull’ordinario e intere zone in cui non si raccoglierà affatto. Oltre al danno economico, che ammonta a decine di milioni di euro, nelle zone più vocate dello Stivale si teme anche per il rischio incendi sui castagneti sempre più spesso abbandonati, perché non produttivi. Lo afferma la Cia - Confederazione Italiana Agricoltori. A minacciare la leadership europea di castagne e marroni “made in Italy” - spiega la Cia - è un parassita di origine cinese presente in Italia dal 2002, il cinipide galligeno, che da anni colpisce un comparto d’eccellenza, “falciando” di netto una produzione che fino al 2007 si aggirava piuttosto stabilmente sulle 50.000 tonnellate. Ma da diversi anni le cifre sono costantemente in ribasso. Si è passati - ricorda la Cia - dal 50% in meno nel 2010 al 70% in meno del 2011.

Quest’anno la situazione si preannuncia ancora peggiore, a causa del caldo torrido e della siccità prolungata, autentiche sciagure per le piante già debilitate dall’insetto distruttivo, che da solo è capace di ridurre lo sviluppo produttivo di una pianta fino al 50-60%. A pagare più di tutti è la zona del viterbese, dove la produzione raccolta arriva a sfiorare lo zero assoluto, mentre in Campania si stima una stagione con il 70% in meno di raccolto. E proprio in queste aree, che sono le più vocate, a farne le spese sono produzioni d’eccellenza come la Dop di Vallerano (Viterbo), e le Igp di Montella e di Roccadaspide.

Si prevede, quindi, una stagione in “rosso” per le oltre 34.000 imprese del comparto, che tra il 1999 e il 2007 hanno potuto contare su una produzione pari a un valore medio di ben 46 milioni di euro sui campi. Oggi - conclude la Cia - tante di queste realtà produttive non riescono a recuperare gli alti costi di produzione e spesso sono costrette ad abbandonare i castagneti. È per questo che al disastro economico e sociale si unisce un elevato rischio ambientale, costituito dai tanti ettari di bosco di castagni che non possono più contare sulla manutenzione e sul presidio dell’agricoltore, che svolge il ruolo insostituibile di guardiano del patrimonio boschivo, evitando non solo i roghi, ma anche i possibili fenomeni di dissesto idrogeologico che si innescano con facilità su suoli che hanno subito un incendio e successive precipitazioni fuori dalla norma. Un timore quanto mai fondato in una stagione come questa, in cui caldo torrido e siccità hanno ridotto in cenere una superficie doppia rispetto allo scorso anno, perdendo 35.000 ettari dall’inizio 2012.

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