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Vinitaly: fiera celebra 50 anni prime Doc italiane
La prima volta senza Tachis, il tributo a grande enologo ... Cinquant’anni sono passati dal
riconoscimento delle Denominazioni di Origine ai vini italiani e
dalla nascita di Vinitaly, la fiera internazionale di
riferimento del settore che si chiude oggi a Veronafiere e sarà
la prima volta senza Tachis, ma non senza il suo spirito. Se
l’enologia colta è, senza dubbio, la prima innovazione che
Giacomo Tachis ha introdotto in Italia, alla base del suo
pensiero, che WineNews, uno dei siti più cliccati dagli amanti
del buon bere, ripercorre, e che Vinitaly ha raccontato nel
calice con alcuni dei suoi più celebri “Super Italians”, i vini
italiani “fuori dagli schemi” in “Il Vino Italiano ricorda
Giacomo Tachis: un grande uomo, tante grandi storie”, la
degustazione a cura di Vinitaly International Academy, con la
figlia Ilaria Tachis, produttrice nel Chianti Classico, oggi a
Verona, ci sono anche intuizioni che hanno cambiato il corso
dell’enologia italiana, e che rappresentano l’eredità tecnica di
uno dei suoi “padri fondatori”.
“I 50 anni di Vinitaly non potevano essere celebrati
compiutamente senza i vini che hanno fatto la storia del vino
italiano creati da Giacomo Tachis - ha detto alla degustazione
il direttore generale di Veronafiere Giovanni Mantovani - è un
grande onore la presenza della figlia Ilaria, con il suo
racconto di aspetti della vita del padre non solo professionali,
ma anche più intimi. Come ultimo evento promosso da Vinitaly con
la International Academy, alla presenza di numerose personalità
straniere - prosegue Mantovani - non poteva che esser questo il
modo migliore per presentarci al mondo”.
Giacomo Tachis ha condotto e compiuto la sua opera decenni
prima del cosiddetto “Rinascimento” del vino italiano -
attribuibile ai successi ottenuti dal vino italiano nella
seconda parte degli anni Ottanta sui mercati e in un’immagine
innovativa dell’Italia evocatrice di qualità - già in atto,
forse in modo sotterraneo, fin dall’inizio della sua avventura
con Antinori. Il primo Sassicaia firmato Tachis per Incisa della
Rocchetta è la vendemmia 1968, il primo Solaia esce nel 1978, e
il Tignanello è uscito con l’annata 1971. Dalla Toscana, la sua
patria d’adozione, fino a molti dei territori dell’Italia
enoica, tanto diversi tra loro, ma con un unico minimo comune
denominatore, rappresentato dall’attrazione profonda quasi
chimica con questi territori e con il materiale umano con cui
interloquiva. In Sardegna, nel 1988 per far nascere il Turriga
di Argiolas e prima ancora per dare alla luce il Terre Brune di
Santadi. Quindi, la Sicilia dove prepara il campo all’esplosione
enoica dell’isola, e il Trentino, dove con Guerrieri Gonzaga
crea il San Leonardo, e poi le Marche con la nascita del Pelago
di Umani Ronchi.
Alla base vi sono scelte che, a distanza di anni, restano tra i
contributi più preziosi al successo dei nostri vini, metodologie
ormai “codificate”, capaci di far dialogare la tradizione
italiana con quella francese, come Tachis dialogava con il suo
mentore Emile Peynaud, padre dell’enologia moderna di Bordeaux.
Dall’uso sistematico della fermentazione malolattica, per
ottenere vini dai tannini morbidi e dotati di souplesse,
all’invecchiamento in barrique, Tachis ha “risintonizzato”
l’Italia enoica con i tempi.
Ma, soprattutto, ogni suo vino è stato concepito da una attenta
rilettura del territorio nel passato e nel presente e con la
consapevolezza che la tradizione non debba essere sinonimo di
immobilismo, ma riletta in chiave moderna.

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