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ASSOCIAZIONE PISCICOLTORI ITALIANI (API): ACQUACOLTURA (SETTORE CON PIÙ DI 800 ALLEVAMENTI, 15.000 ADDETTI, COMPRESO L’INDOTTO, PLV DI 350 MILIONI DI EURO) AL MINISTRO CATANIA: “I COSTI DELLA BUROCRAZIA E ORA ANCHE L’IMU OPPRIMONO IL SETTORE”

Con più di 800 allevamenti, 15.000 addetti, compreso l’indotto, e una plv di 350 milioni di euro, l’acquacoltura italiana rappresenta un settore importante ed estremamente vitale dell’economia agricola del nostro Paese. E i piscicoltori sono da anni impegnati per garantire ai consumatori un prodotto di altissima qualità, sano e nutriente, elemento fondamentale della dieta, anche dei più piccoli.
Molte sono le problematiche che investono il comparto. Provvedimenti in attesa di applicazione e nuove misure che incidono in maniera particolarmente pesante sugli allevamenti, che l’Associazione Piscicoltori Italiani (Api) ha illustrato al Ministro per le Politiche Agricole Mario Catania a Roma in un convegno. Un modo informale, ma non per questo meno importante, per sottoporre al ministro le questioni sul tappeto, formulare proposte e al tempo stesso far degustare le eccellenze dell’acquacoltura italiana.
All’incontro, oltre al presidente e al direttore dell’Api, Pier Antonio Salvador e Antonio Trincanato, hanno partecipato i consiglieri e numerosi produttori dell’Associazione, il direttore generale di Confagricoltura Luigi Mastrobuono e il direttore del Dipartimento economico e organizzativo Franco Postorino. Per il Ministero erano presenti, oltre al ministro Mario Catania, il direttore generale della Pesca e Acquacoltura Francesco Saverio Abate, il vice direttore Maria Severina Liberati e il consigliere del ministro per la Pesca e l’Acquacoltura Stefano Cataudella.
Prima questione all’ordine del giorno l’Imu. Le vasche, bacini naturali o artificiali utilizzate negli impianti a terra di acquacoltura non erano assoggettate all’Ici, in quanto parte integrante del terreno dell’azienda agricola. La situazione è stata radicalmente modificata dall’introduzione dell’Imu, che ha assoggettato questi strumenti, accatastati alla categoria D/10, ad un oneroso trattamento tributario. Si rende indispensabile, a parere dell’Associazione piscicoltori italiani, rivedere l’inquadramento catastale di questi bacini, essenziali per l’attività di acquacoltura.
Altro problema particolarmente sentito dalla categoria è quello della semplificazione. L’attività di allevamento dei pesci è infatti assoggetta a una quantità indescrivibile di vincoli e procedure burocratiche, estremamente impegnativi e costosi, che spesso finiscono per demotivare gli imprenditori. A partire dal rinnovo delle concessioni dell’acqua utilizzata, particolarmente onerose e complesse, alla definizione dei volumi di acqua necessari a mantenere condizioni di vita e di benessere del pesce allevato (deflusso minimo vitale), al rinnovo delle autorizzazioni allo scarico, fino alla questione dei canoni (visto che l’acquacoltura restituisce l’acqua prelevata, essi dovrebbero essere equiparati a quelli per uso irriguo), per arrivare alla possibilità di utilizzare l’acqua anche per la produzione di energia idroelettrica.

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