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Chianti, da consorzio diventa sistema di imprese ... Una holding per davvero, con un obiettivo: governare meglio produzione, promozione e distribuzione e, di fatto, far crescere con più efficienza un intero territorio. Si tratta dell’ultima esperienza del consorzio Chianti Classico, che da semplice consorzio è diventato un sistema d’imprese, una holding appunto. Un passaggio che non è solamente tecnico, ma che indica una strada diversa di intendere la produzione e la commercializzazione agroalimentare, che potrebbe rappresentare una sorta di caso apripista da applicare poi in altri ambiti. A partire dai produttori. Stando a quanto riferito in queste ultime ore dall’agenzia WineNews, sostanzialmente il consorzio da “contenitore” che si occupa di tutto - dalla promozione alla distribuzione delle fascette, dalla produzione del vino a quella dell’olio - attraverso propri uffici interni è diventato il centro di un sistema di società gestite da manager ognuna con una propria specializzazione. Il percorso è quasi concluso. Per ora, comunque, la riorganizzazione vede al centro il consorzio del Chianti Classico, alla periferia la “Fondazione”, attiva nei problemi ambientali e storico-artistici della Doc; poi c’è la “Company” che gestirà le attività commerciali e di merchandising e, ancora, il “Laboratorio” in grado di svolgere analisi certificate su olio, vino e alimenti. E ci sono anche il consorzio dell’Olio Dop Chianti Classico e la struttura della Strada del Vino e dell’Olio Chianti Classico, definita come un “prezioso” organo di collegamento tra turismo e conoscenza della denominazione. La holding - il consorzio vero e proprio - detta le indicazioni strategiche, le società agiscono ciascuna nel proprio ambito. Non sembra essere una moltiplicazione di costi e poltrone, ma un modo per moltiplicare i servizi offerti, l’efficienza e il ritorno per il territorio. Ogni società, com’è naturale, viene messa in concorrenza con le altre in termini di efficienza, competitività e risultati. Un’altra idea che si vuole mettere in pratica, è quella di attirare investimenti e finanziamenti, riduzioni tariffarie in favore degli operatori locali, creare e accrescere cioè quella che si chiama “attrattività” locale. L’attesa dei risultati è ovviamente tanta. Proprio questi ultimi rappresentano l’obiettivo finale. Con una certa dose di ambizione, visto che già oggi il distretto del Chianti (che comprende produzione vinicola, olivicola, altre produzioni agricole e il fatturato degli agriturismi e del merchandising a marchio “Gallo nero”), pare valga la bella cifra di oltre 500 milioni di euro. Ma è certamente anche con l’ambizione, oltre che con l’efficienza e la capacità, che si raggiungono traguardi sempre più alti.

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