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AZIENDE ANTICRISI SONO “ROSA”. IL SEGRETO È NELLA MULTIFUNZIONALITÀ: 4 SU 5 FANNO AGRITURISMO, FATTORIE DIDATTICHE E VENDITA DIRETTA. L’ANALISI E’ “DONNE IN CAMPO-CIA”. “RIVOLUZIONE FEMMINILE” SUI CAMPI: LE DONNE SONO 30% IMPRESE E 40% FORZA LAVORO

L’agricoltura italiana vira verso il “rosa”. Un’impresa su tre nata negli ultimi dieci anni è gestita da una donna e oggi le aziende femminili sono 497.000, di cui quasi la metà (235.000) iscritte alla Camera di Commercio. Aziende vitali, creative ma soprattutto “anticrisi”, contribuendo per 9 miliardi di euro alla formazione del valore aggiunto dell’agricoltura. Emerge dall’assemblea nazionale di Donne in Campo, l’associazione femminile della Cia - Confederazione Italiana Agricoltori, di scena oggi a Teramo.
Un talento, quello delle imprenditrici della terra, “che è strettamente legato alla visione multifunzionale dell’agricoltura - sottolinea la presidente di “Donne in campo”, Mara Longhin - ossia sostenibile, basata sulla capacità di produrre cibo coniugata con salute, socialità, sicurezza e salvaguardia di suolo e paesaggio”. Oggi, infatti, ben 4 aziende “rosa” su 5 praticano attività multifunzionali, orientandosi verso il “bio”, le produzioni di nicchia Dop e Igp, il recupero delle colture marginali, la vendita diretta, e poi verso tutte quelle attività più legate al sociale e alla cura della persona. Regine dell’arte dell’accoglienza e custodi delle tradizioni contadine, le agricoltrici moderne aprono le porte delle loro aziende non solo ai turisti, ma alle scolaresche, ai disabili, agli anziani. E lo fanno creando agriturismi, fattorie sociali e didattiche, agri-nidi e agri-asili. Tutti servizi innovativi che finora hanno permesso alle agricoltrici di “resistere” meglio dei colleghi uomini alla crisi e alle fluttuazioni del mercato. Tanto che negli ultimi dieci anni, in uno scenario di riduzione e di accorpamento del numero di imprese agricole, quelle a conduzione femminile sono diminuite meno di quelle a conduzione maschile (-29,6% contro -38,6%).
“Oggi è tempo di ripristinare - osserva la Longhin - un sano equilibrio con l’ambiente, di tutelare la sua biodiversità, di riscoprire tecniche colturali tradizionali, il rapporto tra etica ed estetica, oltre che la qualità e la multifunzionalità. E le donne sono messaggere da sempre di questa idea di agricoltura, in quanto portatrici dei valori della diversità. Convinte dell’importanza e della ricchezza della pluralità, vogliono farsi promotrici e protagoniste di questo cammino diretto a una nuova valorizzazione del nostro sistema agroalimentare”.
Un cammino, tra l’altro, che accoglie - evidenzia “Donne in campo” - sempre nuovi “elementi”. Perché se trovare un impiego in tempo di crisi è difficile, con il tasso di disoccupazione femminile che, nel secondo trimestre 2013, ha raggiunto il 12,8% (in aumento da 8 trimestri), in agricoltura le opportunità ci sono e crescono di giorno in giorno. Nel settore primario, infatti, la presenza femminile non è forte solo a livello di imprenditrici (con il 30%), ma anche nel lavoro dipendente. Che oggi conta 406.000 addette, ovvero il 40% del totale. E proprio al Sud, dove la possibilità di lavorare per le giovani è davvero bassa, con il tasso di disoccupazione che sfiora il 50 per cento, proprio nell’agricoltura le “under 30” possono trovare nuovi sbocchi e occasioni. D’altra parte - ricorda l’associazione - già oggi due donne su tre lavorano nelle campagne meridionali e insieme le lavoratrici della terra in Puglia, Calabria, Campania e Basilicata rappresentano il 70% della forza lavoro “rosa” in agricoltura.
Nonostante l’impegno e i successi, però, “le agricoltrici hanno ancora poca visibilità rispetto agli uomini e subiscono forti discriminazioni nell’accesso al credito agricolo - ammette la vice presidente Cia, Cinzia Pagni - mentre oggi andrebbe studiato un fondo o un progetto sul microcredito specifico per la categoria, senza dimenticare l’importanza degli incentivi all’“imprenditoria rosa”. Le donne sono una risorsa che ancora non viene adeguatamente valorizzata e che, invece, può rivelarsi uno dei driver vincenti per la ripresa dell’Italia. Un loro maggiore coinvolgimento nel mondo del lavoro, e quindi nelle aziende agricole, può e deve avvenire. Anche perché le donne hanno dimostrato di saper fare impresa. E di saperlo fare anche bene”.

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