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BOTTURA “NEMO PROPEHTA IN PATRIA”, È ALAJMO IL MIGLIORE CHEF D’ITALIA. COSI’ L’INCROCIO DELLE 6 GUIDE GASTRONOMICHE PIÙ AUTOREVOLI. LO ANTICIPA “CIVILTA’ DEL BERE”. E NEI VINI? IL CERVARO DELLA SALA E IL MONFORTINO I PIÙ VOTATI TRA I “CLASSICI”

L’Espresso gli ha assegnato il voto più alto di sempre, la Francia l’ha incoronato migliore chef al mondo, ma Massimo Bottura, chef dell’Osteria la Francescana di Modena, è solo al secondo posto secondo le 6 guide gastronomiche italiane più autorevoli - Michelin, l’Espresso, Touring Club Italiano, Gambero Rosso, Sole 24 Ore - scavalcato da Massimiliano Alajmo, chef delle Calandre di Rubano a Padova, al top da 5 anni, mentre sul gradino più basso del podio c’è l’eterno Gianfranco Vissani, patron di Baschi (Terni).
Scorrendo la lista, in “top ten” troviamo alla posizione n. 4 La Pergola dell’Hotel Cavalieri Hilton di Roma, dello chef tedesco Heinz Beck, seguito dall’Enoteca Pinchiorri di Firenze, con la chef Annie Feolde, al n. 6 Dal Pescatore di Canneto sull’Oglio (Mantova), dello chef Antonio Santini, quindi alla posizione n. 7 l’Uliassi di Senigallia (Ancona), con lo chef Mauro Uliassi, seguito da Al Combal.0 di Rivoli (Torino), dove esercita lo chef Davide Scabin, mentre alla posizione n.9 troviamo Nico del Reale di Rivisondoli (L’Aquila), tempio di Nico Romito, e, a chiudere questa speciale classifica, a pari merito con Nico Romito, il Piazza Duomo di Alba (Cuneo), con lo chef Enrico Crippa.

Focus - Canguri & gamberi
Quando si parla di classifiche, una delle prime cose che incuriosisce è “chi sale” e “chi scende”. Tra i venti migliori, si nota il salto in alto di 6 posizioni di Mauro Uliassi, poeta del pesce, che balza alla posizione n.7 dalla n. 13, l’avanzata dell’abruzzese Niko Romito (+8 sul 2010) che proviene dal n. 17 e ora è al n. 9 e quella di Enrico Crippa (Piazza Duomo), entrato quest’anno nella “top ten” (+5 posizioni). Sta galoppando anche Vittorio da Bergamo, oggi alla posizione n.16, l’anno scorso alla 22. (+6). Infine, l’ascesa irrefrenabile dello chef Andrea Berton, principe del Trussardi alla Scala, +7, dalla n.25 alla n. 18.

Focus – Il vino nell’alta ristorazione
Rielaborando i questionari compilati da 127 locali ai vertici sono emersi dati curiosi. Parlando di vini, una carta è composta mediamente da 693 etichette, soprattutto rossi: il 32% dei ristoratori ne conta addirittura tra 251 a 400. Tra le tipologie, i più sacrificati sono i vini rosati, la maggioranza (82%) ne propone da 10 a 30 etichette e il 12% dei ristoranti addirittura nessuna. La regione più promettente, dal punto di vista enologico, sarebbe il Trentino-Alto Adige: il 38% del panel l’ha decretata prima tra le emergenti. Pochi i vini esteri (media: 132 etichette) e ovviamente francesi, presenti nelle liste del 98% dei ristoranti. Seguono, per popolarità, i tedeschi e gli spagnoli. In ascesa i vini sloveni, sudafricani e neozelandesi. Restando in casa nostra, i classici intramontabili risultano Barolo, Brunello di Montalcino, Amarone della Valpolicella e Barbaresco. Un po’ in ribasso il Chianti (citato solo dal 20% del campione). E quanto si spende in media per una bottiglia? Da 31 a 50 euro, a fronte di un conto medio (per il pasto) di 80 euro a persona. Per contenere costi senz’altro sostenuti si è ormai diffusa quasi ovunque (96% dei locali) la proposta di vini al calice. In ascesa i consumi di birra, a fronte di un dilagante interesse per le birre artigianali; il 44% dei ristoranti ormai ne propone almeno una e qualcuno si spinge sino a oltre 30 scelte.
Ma agli chef è stato chiesto anche un giudizio sui vini bianchi e rossi che giudicano intramontabili e sugli emergenti. Risultati: il Cervaro della Sala di Antinori e il Barolo Monfortino di Giacomo Conterno sono indubbiamente i più votati tra i “classici”, mentre tra gli emergenti è quasi impossibile stilare una classifica, come dire, “a ciascuno il suo”.

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