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Brexit: costa 2,7 miliardi/anno per taglio export made in Italy. Da mezzi di trasporto al cibo e bevande i settori più penalizzati. Lo dice la Coldiretti dal Forum Internazionale dell’Agricoltura e dell’Alimentazione

La Brexit fa crollare le esportazioni italiane in Gran Bretagna con un calo complessivo del 12% che colpisce un po’ tutti i settori, dall’agroalimentare alla moda fino alle auto e al mobile, per una perdita totale di 2,7 miliardi in un anno se il trend sarà mantenuto. Emerge dall’analisi Coldiretti nel Forum Internazionale dell’Agricoltura e dell’Alimentazione di Cernobbio, sugli effetti della Brexit sul commercio estero, secondo la quale la svalutazione della sterlina, ai minimi da anni sull’euro, seguita alla rinuncia inglese a fare parte dell’Unione Europea hanno avuto l’effetto di bloccare bruscamente la crescita del Made in Italy nel Paese britannico che, nel 2015, aveva visto un incremento totale del 7%, con il segno positivo proseguito anche nel primo semestre del 2016 mentre registra un crollo a luglio, il primo mese dopo la decisione di uscire dall’Unione Europea.
Tra i settori più importanti colpiti dall’effetto Brexit - spiega la Coldiretti - crollano i mezzi di trasporto, prima voce dell’export tricolore in Gran Bretagna, con un - 22% che, nel caso delle auto, sale addirittura al - 31%. Macchinari ed apparecchi vedono un calo del 13%, mentre i prodotti agroalimentari scendono del 9% e quelli della moda e del tessile del 6%. Bilancio in perdita anche per articoli in gomma e materie plastiche (-17%), mobili (-17%) e apparecchi elettrici (-6%).
Il termini assoluti - precisa la Coldiretti - le esportazioni italiane in Gran Bretagna sono state pari a 22,4 miliardi nel 2015 con la principale voce rappresentata dai mezzi di trasporto con 3,3 miliardi nel 2015, seguita da macchinari ed apparecchi per un totale di 3,1 miliardi di euro nel 2015 e dai prodotti alimentari e bevande con 2,9 miliardi. In particolare, la Gran Bretagna - sottolinea Coldiretti - è il quarto sbocco estero dei prodotti agroalimentari Made in Italy con una tendenza progressiva all’aumento che si è interrotta bruscamente e rischia di costare caro al settore.
La voce più importante - sottolinea la Coldiretti - è rappresentata dal vino, con un valore di 746 milioni di euro di esportazioni nel 2015 e un trend in ulteriore aumento del 4% su base annuale fino al primo semestre del 2016. A trainare il comparto - continua la Coldiretti - è soprattutto lo spumante e in particolare il Prosecco con una quota 275 milioni di euro di export frutto di un vero boom. (+50% nel 2016). Al secondo posto tra i prodotti agroalimentari italiani più venduti c’è - sostiene la Coldiretti - la pasta, per un importo complessivo di vendite nel 2015 di 332 milioni di euro. Rilevante anche il ruolo dell’ortofrutta con un valore delle esportazioni di 281 milioni di euro nel 2015, in aumento del 7% nel primo semestre 2016. Ma anche i formaggi Made in Italy vanno forte in Uk, con un valore delle vendite nel 2015 che - continua la Coldiretti - ha visto superare quota 200 milioni di euro con un aumento del 12% fino al primo semestre 2016. Oltre un terzo delle vendite di formaggi - precisa la Coldiretti - è rappresentato da Parmigiano Reggiano e Grana Padano, che all’inizio di quest’anno hanno fatto segnare un incremento dell’8% per cento, ma va forte anche la mozzarella di bufala campana. L’export di olio d’oliva è stato nel 2015 di 57 milioni di euro con un aumento del 6% nel primo semestre 2016.
Ma, accanto al calo delle esportazioni, a preoccupare - conclude la Coldiretti - è anche il rischio che con l’uscita dall’Unione Europea si affermi in Gran Bretagna una legislazione sfavorevole all’esportazioni agroalimentari italiane. “Ad esempio si dovrà verificare il destino a livello comunitario della procedura in corso per fermare le etichette a semaforo che la Gran Bretagna ha deciso di far adottare al 98% dei supermercati inglesi nonostante si tratti di un ostacolo alla libera circolazione delle merci” ricorda il presidente della Coldiretti, Roberto Moncalvo nel sottolineare che “il sistema esclude paradossalmente dalla dieta alimenti sani, dal Parmigiano Reggiano al Prosciutto di Parma, per promuovere, al contrario, le bevande gassate senza zucchero, fuorviando i consumatori rispetto al reale valore nutrizionale e colpendo il 60% delle produzioni italiane”.

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