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BRUNELLO MELTING POT: ALBANESI, INGLESI, AMERICANI, GIAPPONESI, ROMENI, TEDESCHI ... IL “MONTALCINO”, VANTO DELL’ENOLOGIA, VIENE PRODOTTO CON IL LAVORO DI STRANIERI IN ARRIVO DA 44 PAESI. L’ECCELLENZA DEL MADE IN ITALY VUOL DIRE INTEGRAZIONE RAZZIALE

Consorzio del Brunello
Versa il melting pot nel bicchiere

Versa il melting pot nel bicchiere: Montalcino, capitale del Brunello, si scopre città-modello di integrazione razziale. Un pezzo dell’eccellenza made in Italy che miete successi in tutto il mondo - con una produzione annua di oltre 17 milioni di bottiglie, di cui 7 a Brunello - prospera anche grazie al lavoro di persone nate a migliaia di chilometri di distanza, che hanno deciso di trasferire qui le proprie vite, i propri affetti, i propri costumi e le proprie abitudini. Circondate dai vigneti di uno dei vini più famosi del Belpaese, vivono e lavorano felicemente persone giunte da 44 differenti Paesi: dagli albanesi agli inglesi, dagli americani ai giapponesi, passando per romeni, filippini e tedeschi. Ma anche sloveni, tunisini, indiani e cubani. Un piccolo crogiolo razziale che in questa comunità di poco più di 5.000 persone sembra funzionare perfettamente: mai un problema di ordine pubblico, mai un episodio di criminalità, mai una tensione. Qui vige la cultura della legalità, gli immigrati sono tutti regolari e tutelati da veri contratti di lavoro. I protestanti vivono gomito a gomito con i musulmani, i cattolici con gli ortodossi, e le vie del paese sono una babele di lingue diverse. Per non parlare delle scuole, in cui studiano insieme bambini di molteplici etnie.
Nel distretto del vino di Montalcino, che vanta un giro d’affari annuo di 120 milioni di euro, i posti di lavoro non mancano: a partire dalle vigne, ma non solo. Alle aziende vinicole servono manager, segretarie, responsabili commerciali ed enologi, con una buona padronanza delle lingue ed una spiccata propensione ai contatti con l’estero, visto che ben il 60% del Brunello si vende fuori dall’Italia (tra i maggiori importatori ci sono gli Stati Uniti con il 25%, seguiti dalla Germania con il 9%, la Svizzera con il 7%, il Canada con il 5% e poi Paesi del Nord Europa, Danimarca, Svezia, Norvegia e Finlandia).
“Montalcino rappresenta - spiega Francesco Marone Cinzano, presidente del Consorzio del Brunello - una sorta di “isola felice” in cui convivono differenti identità culturali. Non solo straniere, ma anche italiane: io stesso sono arrivato qui da Torino negli anni ’70, e come “forestiero” sono stato accolto calorosamente dalla comunità ilcinese, che da sempre si contraddistingue per la sua cultura dell’accoglienza”.
Anche tra i vigneron di Montalcino le provenienze sono infatti variegate: la maggioranza è originaria del territorio, ma ci sono anche moltissimi che si sono trasferiti qui da altre città d’Italia, come Firenze, Roma, Torino o Milano. E non è tutto: numerosi anche gli stranieri che hanno deciso di investire nella terra del Brunello. In particolare svizzeri, inglesi, americani, tedeschi e canadesi. Un altro grande bacino di occupazione per il lavoratori che arrivano da oltre confine è rappresentato poi dal turismo, con decine di ristoranti, alberghi, enoteche e negozi. Attirata dall’altissima qualità della vita offerta da questa piccola perla della Toscana, una preziosa comunità cosmopolita si è così insediata nel corso degli ultimi anni a Montalcino. Preziosa perché senza di loro la produzione del Brunello non sarebbe possibile: gli stranieri rappresentano una risorsa vitale per l’economia del territorio. Montalcino ha dunque conquistato un ulteriore primato: non solo è sinonimo di un vino che spopola sui mercati di tutto il mondo, non solo è un territorio cult capace di attirare ogni anno oltre un milione di turisti, ma è anche un esempio di come l’utopia di una società multirazziale sia davvero possibile.
Il sindaco di Montalcino, Maurizio Buffi, afferma: “l’integrazione fra le professionalità “autoctone”, che custodivano segreti produttivi e culturali tramandati per millenni, e professionalità di valenza internazionale del mondo vitivinicolo ed enologico che sono arrivate a Montalcino, ha prodotto un’ulteriore unicità-eccezionalità”.

Focus - Tutti gli stranieri del Brunello ...
A Montalcino risultano residenti 576 stranieri, l’11,25% della popolazione - ma sono molti coloro che risiedono nei comuni limitrofi e che tutti i giorni si recano a lavorare a Montalcino, quindi la presenza straniera è in realtà maggiore. Si tratta di un dato nettamente più alto della media italiana, in cui l’incidenza percentuale degli stranieri sulla popolazione complessiva si attesta al 5% (fonte: rilevazione Istat al 1 gennaio 2007). Anche comparato alla situazione di Paesi notoriamente più aperti alla presenza straniera, come Germania (8,8% del totale dei residenti), Spagna (6,2%) e Regno Unito (5,2%) il dato riferito a Montalcino appare considerevole.
Gli stranieri residenti nella capitale del Brunello arrivano da 44 diversi Paesi del mondo: nel dettaglio Austria, Germania, Lettonia, Portogallo, Belgio, Lituania, Paesi Bassi, Regno Unito, Slovenia, Bulgaria, Danimarca, Francia, Irlanda, Polonia, Romania, Spagna, Albania, Bosnia-Erzegovina, Croazia, Macedonia, Montenegro, Svizzera, Moldova, Algeria, Kenya, Marocco, Nigeria, Senegal, Tunisia, Brasile, Stati Uniti, Argentina, Canada, Repubblica Dominicana, Bolivia, Cile, Cuba, Perù, Giappone, Pakistan, Filippine, Laos, Sri Lanka e India.

Montalcino, la ricetta per una integrazione felice
In inverno lungo i filari delle vigne si vedono potare attenti macedoni ed albanesi. Nel bar della piazza principale un danese ed un inglese prendono un cappuccino, parlando della prossima cena di quartiere. Intanto all’asilo un bambino tunisino aspetta che la mamma esca dal lavoro, ed intanto gioca con il suo compagno giapponese. A Montalcino sono scene di ordinaria amministrazione. Quale è il segreto di questo modello ben riuscito di convivenza razziale? Innanzitutto la ricchezza che qui rappresenta il settore agricolo. Il Brunello si colloca infatti al top della classifica dei valori fondiari: la quotazione di un ettaro di vigneto di Brunello di Montalcino si attesta oggi sui 350.000 euro (ma talvolta i valori reali salgono anche a 4-500.000 euro), uno dei valori più alti in assoluto e tra i leader nei fondi vitivinicoli a livello italiano e mondiale. In tutto il territorio operano 250 produttori, di cui 200 imbottigliatori, e complessivamente su 3.500 ettari di vigneto ben 2000 sono iscritti all'albo del Brunello. Le aziende vinicole, proiettate sui mercati di mezzo mondo, sono costantemente alla ricerca di personale qualificato. Il lavoro più prezioso è quello che si svolge nelle vigne: senza la manodopera straniera in aggiunta a quella locale la produzione del Brunello incontrerebbe serie difficoltà. Tra le ragioni che hanno portato ad una Montalcino multietnica c’è anche l’apertura dei suoi abitanti: qui è facile essere ben accolti se si dimostrano onestà e voglia di impegnarsi.
La città del Brunello è in buona compagnia: in tutta la Toscana - che con il suo 6,4% è una delle regioni italiane in cui è più alta la percentuale di stranieri residenti - sono molte le piccole comunità che vantano una perfetta integrazione tra italiani e cittadini in arrivo dal resto del mondo. Del resto, accogliere gli stranieri - in particolare quelli in arrivo dai Paesi più poveri - in maniera dignitosa, offrendo loro una prospettiva (che significa una casa, un lavoro, una scuola per i figli) non è solo una questione etica, ma anche pratica. Nulla infatti potrà fermare i flussi migratori verso l’Occidente, che sono destinati a crescere sempre più. A Montalcino la soluzione individuata è stata quella di partire dalle capacità e dalla dignità di ogni singolo individuo per integrarlo in un sistema che, anche grazie agli stranieri, produce uno dei prodotti italiani più amati nel mondo.

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