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Calano gli sprechi alimentari in Italia, ma a livello mondiale il problema resta enorme, con 670 milioni di tonnellate di cibo sprecato ogni anno. I numeri e gli allarmi di Coldiretti e Wwf nella giornata di prevenzione dello spreco alimentare

Sei italiani su dieci (60%) hanno diminuito o annullato gli sprechi domestici nel 2014, secondo una tendenza favorita dalla crisi, ma molto resta da fare con ogni italiano che ha comunque buttato nel bidone della spazzatura ben 76 chili di prodotti alimentari durante l’anno. Emerge dall’indagine Coldiretti/Ixé divulgata per la giornata di prevenzione dello spreco alimentare in Italia, istituita dal Ministero dell`Ambiente. Secondo lo studio, tra chi ha tagliato gli sprechi, il 75% fa la spesa in modo più oculato, il 56% utilizza gli avanzi nel pasto successivo, il 37 riduce le quantità acquistate, il 34% guarda con più attenzione la data di scadenza e l’11% dona in beneficenza.

La tendenza a ridurre gli sprechi cresce anche fuori dalle mura domestiche con un italiano su tre (33%) che quando esce dal ristorante non ha problemi a portarsi a casa gli avanzi con la cosiddetta “doggy bag” anche se tra questi, solo il 10% lo fa regolarmente, mentre il 23% solo qualche volta, secondo l’indagine indicativa on line condotta dal sito www.coldiretti.it dalla quale si evidenzia, peraltro, che una fetta rilevante della popolazione (24%) quando va a mangiare fuori lascia sulla tavola gli avanzi semplicemente perché si vergogna di chiederli. La ristorazione comunque si attrezza e in un numero crescente di esercizi, per evitare imbarazzi, si chiede riservatamente al cliente se desidera portare a casa il cibo o anche le bottiglie di vino non finite e si mettono a disposizione confezioni o vaschette ad hoc. Si moltiplicano peraltro le iniziative per la raccolta dei cibi avanzati in ristoranti, mense e pizzerie ma anche di prodotti vicini alla scadenza offerti da negozi e supermercati da destinare ai più bisognosi.

A livello mondiale un terzo del cibo prodotto viene sprecato per un totale di 1,3 miliardi di tonnellate che sarebbero ampiamente sufficienti a sfamare la popolazione che soffre di fame cronica, secondo una analisi della Coldiretti su dati Fao. Gli sprechi alimentari hanno raggiunto le 670 milioni di tonnellate nei paesi industrializzati e le 630 milioni di tonnellate in quelli in via di sviluppo. Ogni anno - conclude la Coldiretti - il cibo che viene prodotto, ma non consumato, sperpera un volume di acqua pari al flusso annuo di un fiume come il Volga, utilizza 1,4 miliardi di ettari di terreno - quasi il 30% della superficie agricola mondiale - ed è responsabile della produzione di 3,3 miliardi di tonnellate di gas serra.

Focus - L’impegno del Wwf nella giornata di prevenzione contro lo spreco alimentare

Lo spreco alimentare non è solo un problema di alimenti ma anche di perdita di terra, acqua e biodiversità con impatti sul clima, per questo il Wwf rilancia l’allarme nella seconda giornata di prevenzione contro lo spreco alimentare in Italia, che si celebra oggi, e nell’anno che vedrà il Vertice mondiale di Parigi come momento clou per gli impegni di riduzione delle emissioni di CO2 al livello globale. Per l’associazione del panda la perdita di terra, acqua e biodiversità attribuibile allo spreco alimentare, come anche gli impatti negativi sul cambiamento climatico, rappresenta un costo elevato per l’intera società, non ancora ben quantificato.

Il diretto costo economico dello spreco alimentare dei prodotti agricoli (escluso i prodotti del pescato) viene valutato sui 750 miliardi di dollari, una cifra equivalente al Pil della Svizzera. Il Wwf ricorda i dati resi noti dalla Fao nel 2013, secondo cui l’impronta di carbonio del cibo prodotto ma non mangiato e quindi sprecato ogni anno, viene stimata in 3,3 miliardi di tonnellate di CO2, una cifra che inserisce questo dato di emissioni di prodotti che non vengono neanche utilizzati, al terzo posto nella classifica dei maggiori emettitori di CO2 a livello mondiale dopo Cina e Stati Uniti. “Un circolo vizioso - spiega il Wwf - perché, secondo studi recenti, il cambiamento climatico a sua volta potrebbe ridurre la produttività agricola, diminuendo le disponibilità alimentari globali e danneggiando le popolazioni più povere e le famiglie che basano il proprio reddito sulle colture, l’allevamento del bestiame e la pesca”.

Il consumo di acqua dolce collegato allo spreco alimentare, cioè l’acqua prelevata dalla superficie o dalle falde e utilizzata per l’irrigazione è di circa 250 km cubici, equivalenti al flusso annuale d’acqua del Volga oppure a tre volte il volume delle acque del lago di Ginevra. Il cibo prodotto e sprecato occupa quasi 1,4 miliardi di ettari di terra, costituendo il 30% della superficie occupata da terre agricole a livello mondiale. La responsabilità del peso ambientale dello spreco, continua l’associazione ambientalista, è dei consumatori, che spendono in media 316 euro l’anno in cibo che per disattenzione o negligenza viene buttato senza essere consumato, ma anche di un sistema produttivo che troppo spesso perde cibo e risorse lungo la filiera, fino al 50% delle perdite totali, prima ancora che arrivino in tavola.

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