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CAPODANNO ALL’ESTERO, OCCHIO AL FALSO NEL PIATTO (2 VOLTE SU 3): L’ALLARME RILANCIATO IN VISTA DI SAN SILVESTRO DALLA COLDIRETTI, CHE PUNTA IL DITO ANCHE SULLO “STATO ITALIANO SCANDALOSAMENTE COINVOLTO IN ALCUNI CASI DI AGROPIRATERIA”...

Un milione di italiani festeggerà Capodanno all’estero, ma tanti, va detto, non riescono a rinunciare ai piatti tradizionali del Belpaese. Niente di male, per carità, ma il tarocco gastronomico è dietro l’angolo: 2 piatti su 3 sono taroccati. A rilanciare l’allarme è la Coldiretti, che ricorda come la pirateria agroalimentare e l’italian sounding “fatturino” 50 miliardi di euro all’anno, più del doppio dell’export di prodotti davvero made in Italy.

“Non mancano, peraltro, casi di agropirateria che vedono scandalosamente coinvolto addirittura lo Stato italiano – aggiunge Coldiretti - attraverso la Simest, società finanziaria controllata dal Ministero dello sviluppo economico, che sta finanziando imprese italiane per produrre e commercializzare all’estero prodotti che di italiano hanno solo il nome. Prodotti che nascono all’estero, con materia prima e manodopera estere. E’ il caso dell’azienda casearia Lactitalia che è partecipata da Simest e produce in Romania formaggi con nomi italiani “Caciotta” e “Pecorino”, ma lo Stato italiano promuove anche le vendite all’estero della bresaola uruguaiana e del culatello prodotto negli Stati Uniti e venduti a New York dalla salumeria Rosi del Gruppo Parmacotto, che ha appena stipulato un vantaggioso accordo che prevede un investimento di ben 11 milioni di euro nel proprio capitale sociale da parte di Simest. I Paesi dove sono più diffuse le imitazioni sono Australia, Nuova Zelanda e Stati Uniti dove - denuncia la Coldiretti - appena il 2% dei consumi di formaggio di tipo italiano sono soddisfatti con le importazioni di formaggi made in Italy, mentre per il resto si tratta di imitazioni e falsificazioni ottenute sul suolo americano con latte statunitense in Wisconsin, New York o California. Ma a preoccupare sono anche le tendenze di Paesi emergenti come la Cina dove il falso made in Italy è arrivato prima di quello originale e rischia di comprometterne la crescita. Se in alcuni casi l’“inganno” è particolarmente evidente con l’offerta nei menu di “specialità italiane” come gli spaghetti alla bolognese completamente sconosciuti nella città emiliana, in altri è più difficile da scovare perché riguarda gli ingredienti di piatti dal richiamo familiare. Le imitazioni del parmigiano reggiano e del grano padano sono, con il Parmesan, la punta dell’iceberg diffuso in tutto il mondo, ma c’è anche - sottolinea la Coldiretti - il Romano prodotto nell’Illinois con latte di mucca anziché di pecora, il Parma venduto in Spagna senza alcun rispetto delle regole del disciplinare del Parmigiano Reggiano o la Fontina danese e svedese molto diverse da quella della Val d’Aosta, l’Asiago e il Gorgonzola statunitensi o il Cambozola tedesco, imitazione grossolana del formaggio con la goccia. La lista è lunga - precisa la Coldiretti - anche per i salumi, con la presenza sulle tavole del mercato globale di pancetta, coppa, prosciutto Busseto made in California, ma anche di falsi salami Toscano, Milano e addirittura di soppressata Calabrese tutelata dall’Unione Europea come prodotto a denominazione di origine. E non mancano casi di imitazione tra i prodotti simbolo della dieta mediterranea come il Pompeian olive oil che non ha nulla a che fare con i famosi scavi, ma è prodotto nel Maryland, o quello Romulo dalla Spagna con la raffigurazione in etichetta di una lupa che allatta Romolo e Remo. Spaghetti napoletana, pasta milanesa, tagliatelle e capellini milaneza prodotti in Portogallo, linguine Ronzoni, risotto tuscan e polenta dagli Usa e penne e fusilli tricolore Di Peppino prodotti in Austria sono alcuni esempi di primi piatti taroccati, mentre tra i condimenti risaltano i San Marzano: pomodori pelati “grown domestically in the Usa” o i pomodorini di collina cinesi, e la salsa Bolognese dall’Australia. Non sfugge al tarocco anche il vino simbolo del ,ade in Italy come il Chianti “clonato” nella Napa Valley in California”. Per difendersi dai tarocchi il consiglio della Coldiretti è di verificare le etichette nelle confezioni quando è possibile, di dare una occhiata ai menu per controllare evidenti anomalie che dimostrano la mancata conoscenza della cucina made in Italy e, soprattutto, chiedere al ristoratore prima di ordinare per sincerarsi che il piatto che arriverà non deluderà troppo le attese. “Bisogna combattere un inganno globale per i consumatori che - conclude la Coldiretti - causa danni economici e di immagine alla produzione italiana sul piano internazionale, cercando un accordo sul commercio internazionale nel Wto, per la tutela delle denominazioni dai falsi. Ma è anche necessario fare chiarezza a livello nazionale ed europeo dove occorre estendere a tutti i prodotti l’obbligo di indicare in etichetta l’origine dei prodotti alimentari”.

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