“Anche la grappa a causa delle solite assurde, regole europee, rischia di non essere più un nome esclusivo dei prodotti italiani. Si paventa una revisione del Regolamento del Consiglio Europeo sulle bevande alcoliche che potrebbe far fare al nome “Grappa” la stessa fine che fecero Brunello, Amarone, Morellino, Vin Santo”. Lo ha detto Carlo Petrini, presidente di Slow Food, associandosi al grido d’allarme lanciato dai distillatori italiani, preoccupati di perdere, da un giorno all’altro, l’esclusività della denominazione “Grappa” e l’identità di uno dei prodotti simbolo del “made in Italy” nel mondo.
“E’ il solito discorso - ha spiegato Petrini - nel nome di per sé non è contenuto uno specifico riferimento geografico, per cui largo alle grappe australiane, statunitensi, cinesi. Immaginate che business per le multinazionali dell’alcol, che già producono vodka, gin, rum perfettamente globalizzati. Una rivoluzione, a trarre vantaggi dalla quale, ovviamente, saranno i soliti pesci grossi, a danno di un settore nazionale”. Un settore che in Italia conta oltre 10.000 addetti, 136 distillerie, 1.500 aziende che imbottigliano e distribuiscono, un fatturato complessivo di 600 milioni di euro e 40 milioni di bottiglie vendute solo nel 2004.
Per discutere del problema gli operatori si sono dati appuntamento nei bastioni della Rocca Paolina a Perugia il 19 e 20 febbraio quando andrà in scena “GrappItaly”. Nata per celebrare il mito della grappa italiana, la kermesse vedrà la partecipazione di tutte le più importanti aziende italiane ed è promossa da Federvini e AssoDistil insieme all’Istituto Nazionale Grappa. Una speciale due giorni in cui il pubblico avrà la possibilità di “vivere in diretta” profumo e aroma, gusto e retrogusto di questo distillato simbolo del Belpaese.
“Un’occasione - ha spiegato il presidente di Slow Food - anche per accompagnare non soltanto ad una stizzita indignazione, un’azione concreta per fare in modo che questi “errori” dell’Unione Europea smettano di danneggiare il nostro patrimonio agroalimentare che, nonostante le vicissitudini, rimane pur sempre un patrimonio di grande valore se confrontato alla situazione di altri Paesi dell’Unione”.
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