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Carlo Verdone: “la Sora Lella aveva sempre un segreto che rendeva la pietanza più semplice speciale”

Lo scrive l’attore e regista in “Annamo Bene. La cucina romana di Sora Lella”. Proverbiale, e che ci ricorda il vero sapore della tavola delle Feste

“Perché era così amata da tutti? La risposta è molto semplice: era la nonna che tutti avrebbero voluto avere. Rassicurante, piena di buonsenso e protettiva. Una nonna che aveva conosciuto la povertà, il duro lavoro dietro un banco di verdure a Campo de’ Fiori, il brutto della vita (la guerra) e il bello (la tanto desiderata apertura di una trattoria romanesca). L’abilità e la creatività in cucina della Sora Lella erano proverbiali. Nulla era banale, neanche un piatto di cicoria ripassata. Aveva sempre un segreto che rendeva la pietanza più semplice assolutamente speciale”. Lo scrive il grande attore e regista Carlo Verdone, nell’introduzione del volume “Annamo Bene. La cucina romana di Sora Lella”, firmato da Renato Trabalza, Mauro Trabalza, Simone Trabalza, Elena Trabalza e Francesca Romana Barberini, e che ci ricorda il vero sapore delle Feste, che è quello delle ricette di famiglia, tramandate di generazione in generazione a partire dalle nostre nonne, che tutti, c’è da scommetterlo, mangiamo a tavola tra Natale e Capodanno.
Elena Fabrizi, alias “Sora Lella”, è uno dei personaggi più amati del cinema italiano. A fianco di Carlo Verdone alcune delle sue affermazioni, dalla spiccata romanità, rimangono veri e propri “meme” della cultura di massa trasformatisi in luoghi comuni o “gif” utilizzatissime sui social. “Quando girò con me “Bianco, Rosso e Verdone” (1981, ndr) e “Acqua e sapone” (che le valse un David di Donatello; 1983, ndr) i nostri rapporti diventarono molto stretti - ricorda - mi aveva eletto a suo nipote del cuore e per me, almeno una volta alla settimana, era un obbligo e un piacere fermarmi a fare quattro chiacchiere con lei. La trovavo o fuori dal suo ristorante sull’Isola Tiberina o dietro il bancone all’interno mentre puliva e tagliava le verdure. Mi mettevo vicino a lei e, sempre entrambi col sorriso, ci raccontavamo la nostra settimana. Le facevo tante domande sulla Roma di una volta, sugli anni della guerra, sui tanti cardinali che frequentavano il suo ristorante, sulle mance incredibili che questi alti prelati lasciavano al cuoco e al cameriere”.
Ma Lella più che attrice (che peraltro non ha mai recitato se non la parte di sé stessa, a differenza del fratello, il grande Aldo Fabrizi) fu cuoca e ristoratrice, tanto da rendere celeberrima l’insegna della trattoria storica che porta il suo nome sull’Isola Tiberina a Roma - un unicum - oggi gestita dai suoi quattro nipoti: Renato, Mauro, Simone ed Elena. Proprio da loro, con l’aiuto di Francesca Romana Barberini, nasce il primo libro sulla cucina romana di Sora Lella (Giunti Editore, ottobre 2022, pp. 224, prezzo di copertina 24,90 euro), un ricettario personale, ma anche un volume ragionato che cerca di sistematizzare il sapere di una cucina, quella romana, che oggi vive una seconda giovinezza e una popolarità mai vista prima. Le ricette, divise per capitoli e associate a diversi luoghi della città, riprendono tutte le tradizioni della cucina capitolina: quella giudaica, quella testaccina (o del quinto quarto) e quelle della campagna romana, dall’abbacchio in tutte le salse ai Carciofi alla romana e alla giudia, dalla coratella alle animelle, dalla Coda alla vaccinara ai Rigatoni co’ la pajata, dalla Trippa alla romana all’Insalata di puntarelle, arzilla e Pecorino Romano, dalla carbonara all’Ossobuco con cipolline in agrodolce dai Saltimbocca alla romana al trionfo di dolci. E se “ciai ancora fame, che te voi magnà pure er ciborio?”.

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