A Carnevale, ogni dolcetto vale. Che siano venduti a 100 euro al chilo, come le chiacchiere del maestro Iginio Massari, che in questi giorni sono finite sulla bocca di tutti, o a prezzi più contenuti, le specialità tipiche non possono mancare. Forse perché i dolci della festa più pazza dell’anno portano allegria e ogni regione presenta i propri con la sua tradizione unica, ma è certo che il loro successo è costante e resiste a qualsiasi prezzo. Per i dolci del Carnevale 2025 gli italiani spenderanno quasi 220 milioni di euro, tra frappe, chiacchiere, struffoli, arancini, tortelli e le tantissime specialità della tradizione regionale. A stimarlo è Coldiretti, in occasione della grande festa nei mercati contadini di Campagna Amica in tutta Italia, con centinaia di iniziative tra show cooking, truccabimbi, degustazioni e laboratori dedicati alla festa delle maschere. Al lavoro anche i cuochi-contadini, impegnati a mostrare le ricette e i trucchi per preparare al meglio i dolci tradizionali.
I prezzi medi per chi acquista i dolci in panetterie, pasticcerie e supermercati si aggirano quest’anno sui 20 euro al chilo, ma per le specialità più particolari si può arrivare anche a 50-60 euro. Ecco perché quest’anno quasi 4 famiglie su 10 (37%), secondo un sondaggio Coldiretti, prepareranno in casa le specialità di Carnevale, spesso coinvolgendo i più piccoli nelle varie fasi della ricetta. I dolci fai da te offrono peraltro la possibilità di assicurarsi la qualità e la freschezza degli ingredienti, che fanno la differenza sul risultato finale, a partire dalle uova e dal miele.
Sono tantissime peraltro le specialità censite che da Nord a Sud dell’Italia caratterizzano le feste di Carnevale: si va dagli zuccherini in Toscana alla cicerchiata in Abruzzo, ma anche aciuleddi in Sardegna, crema fritta in Veneto, sfrappole in Emilia Romagna, bugie in Liguria, taralli in Basilicata, sanguinaccio in Campania, crostoli in Friuli, frappe e cecamariti nel Lazio, pignolata in bianco e nero in Sicilia e grostoli in Trentino, tortelli in Lombardia o scroccafusi nelle Marche.
La leggenda narra che le prime frappe risalgano all’epoca dell’antica Roma, quando venivano chiamate “frictilia”. Queste prelibatezze venivano preparate con un impasto di farina e uova, steso, tagliato e fritto nello strutto bollente, consumato durante le festività, soprattutto nel periodo invernale. La festa affonda le sue radici nella tradizione contadina, segnando il passaggio dall’inverno alla primavera e l’inizio della semina nei campi, un momento da celebrare con grande abbondanza. I banchetti del Carnevale erano ricchi di piatti perché, in quel periodo, si consumavano tutti i prodotti freschi e non conservabili prima dell’inizio del digiuno quaresimale.
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