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GOVERNO

Caro-vita: Ministero, distribuzione e commercio siglano un accordo sul carrello della spesa

Dal 1 ottobre scatterà il “trimestre anti-inflazione”, con prodotti a prezzi calmierati. Ma le industrie della trasformazione non partecipano 

Dal prossimo 1 ottobre scatterà il trimestre anti-inflazione sul carrello della spesa: lo prevede il protocollo di intesa, sottoscritto oggi dal Ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso, e dai rappresentanti delle associazioni della distribuzione moderna e del commercio tradizionale. Il protocollo ha l’obiettivo di accelerare il processo di rientro dell’inflazione, già in corso negli ultimi mesi, che è proseguito anche a luglio. All’accordo non partecipa, però, l’industria della trasformazione: secondo Centromarca e Ibc, un’intesa che “controlli” i prezzi (anche al ribasso) costituirebbe un potenziale cartello, sanzionabile da parte dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato. L’attuazione del contenuto del protocollo determinerebbe, inoltre, interferenze nelle relazioni di filiera e una distorsione della concorrenza tra le imprese.
Entro il 10 settembre saranno definite con le associazioni che hanno sottoscritto l’accordo, che riguarda anche beni primari non alimentari, come i prodotti per l’infanzia, le modalità del “trimestre anti-inflazione”, che durerà dal 1 ottobre al 31 dicembre e che prevederà prezzi calmierati su una selezione di articoli rientranti nel carrello della spesa, attraverso diverse modalità, come l’applicazione di prezzi fissi, attività promozionali sui prodotti individuati, o iniziative sulla gamma di prodotti a marchio, come carrelli a prezzo scontato o unico. “Con il paniere calmierato siamo convinti di poter dare un definitivo colpo allʼinflazione, riconducendola a livelli naturali - afferma il Ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso - secondo i dati Ocse, l’inflazione in Italia nell’ultimo mese scende dal 7,6% al 6,4%, con un calo di 1,2 punti percentuali, maggiore di quello registrato nell’area Ocse, dove l’indice dei prezzi al consumo si è ridotto in media dello 0,8%. Un trend consolidato proprio grazie all’effetto del costante monitoraggio dei prezzi effettuato dal Mimit”. Il Ministro Urso cita, in particolare, i nuovi poteri conferiti al Mimit dal Decreto Trasparenza, in gennaio 2023, e anche l’impegno della filiera della distribuzione e del commercio, “che, in questi mesi, ha svolto un ruolo importante nel contenimento dei prezzi e nella tutela del potere di acquisto delle famiglie. Un contributo centrale in questo processo lo svolgono anche le associazioni dei consumatori, con cui condividiamo un percorso virtuoso nell’affrontare questa sfida” conclude Urso.
L’accordo è stato siglato dal Ministro delle Imprese e del Made in Italy e dai rappresentanti di Federdistribuzione, Associazione Nazionale Cooperative dei Consumatori Coop, Associazione Nazionale Cooperative fra i Dettaglianti, Confcommercio - Imprese per l’Italia, Federazione Italiana Esercenti settore Alimentare - Fiesa Confesercenti, Federfarma - Federazione nazionale unitaria dei titolari di farmacia italiana, Assofarm - Federazione Aziende e Servizi Socio Farmaceutici, Federazione Farmacisti e Disabilità Onlus, Movimento Nazionale Liberi Farmacisti, Confederazione Unitaria delle Libere Parafarmacie Italiane, Federazione Nazionale Parafarmacie Italiane, Unione Nazionale Farmacisti Titolari di Sola Parafarmacia. Nella strategia anti-inflazione, il Ministero delle Imprese e del Made in Italy costituirà un tavolo permanente, nel quale potranno essere coinvolti gli altri dicasteri competenti, per affrontare tematiche specifiche del settore della distribuzione moderna e del commercio tradizionale. “La prima riunione - ha annunciato il Ministro Adolfo Urso - è in calendario entro settembre”.
Ma l’industria della trasformazione non ha partecipato alla sigla dell’accordo: Centromarca - che raggruppa 200 tra le più importanti industrie operanti nel settore dei beni di largo consumo - e Ibc, Industrie beni consumo - a cui fanno riferimento 33.000 aziende operanti in Italia e all’estero nei vari settori, dall’alimentare alle bevande, dall’arredo al tessile -  pur non mettendo in dubbio la validità delle motivazioni che portano il Governo a promuovere interventi a sostegno del potere d’acquisto delle famiglie, hanno ritenuto non praticabile la sottoscrizione del protocollo. La decisione è stata presa tenendo conto sia di aspetti sostanziali, sia di valutazioni di carattere formale e giuridico. La gran parte delle industrie è impegnata nella definizione di contratti di acquisto delle materie prime con prezzi che oscillano costantemente. A titolo di esempio, Nomisma, per le commodity agricole, su base indice Fao, registra le seguenti variazioni tendenziali (giugno 2023 su gennaio 2020): zucchero +74%, cereali +26%, carne +14%, lattiero caseari +12%, olii vegetali +6%. Rispetto a gennaio 2021, il costo del vetro è cresciuto dell’88%, la carta del 65%, il pet del 37%. I costi logistici si mantengono alti. La marginalità delle aziende si è deteriorata a causa del forte aumento del tasso di sconto. Il quadro complessivo non consente previsioni realistiche sulla dinamica dei conti economici e sulle linee delle politiche commerciali dei prossimi mesi. Un’azione di controllo dei prezzi, a prescindere da queste variabili e dalle differenti condizioni delle singole aziende, rischia di pregiudicare la tenuta del tessuto produttivo (soprattutto delle piccole e medie imprese) e la continuità dei fondamentali investimenti a presidio di qualità, sicurezza, sviluppo, occupazione e sostenibilità.
I bilanci industriali registrano riduzioni dei margini, a conferma del fatto che - consapevoli della debolezza del potere d’acquisto delle famiglie - i produttori di beni di largo consumo hanno fatto quanto era in loro potere per trasferire con gradualità a valle gli extracosti (materie prime, energia, imballaggi, trasporti), anche incamerando negli anni scorsi contrazioni significative dei profitti. Nell’alimentare i margini per unità di prodotto hanno registrato una riduzione del 41,6%. L’Osservatorio Congiunturale Centromarca - Ref Ricerche evidenzia che, nel 2022, il 43,5% dei manager delle aziende alimentari e non food ha riscontrato profitti in diminuzione e il 6,2% ha prodotto in perdita. Nel 2022 le tensioni al rialzo dei costi, già in atto nel 2021, si sono accentuate. Per la media dell’industria del largo consumo, secondo elaborazioni di Prometeia, l’incremento è stato del 15,4%, superiore al manifatturiero. L’industria ha trasferito solo parzialmente i costi sui prezzi: in media d’anno, nel 2022, i prezzi al consumo del largo consumo sono aumentati meno del 10% (8,8% per alimentare e bevande, 5,5% per il chimico casa e il 3% per gli articoli di igiene personale e prodotti di bellezza). L’impegno delle aziende industriali nel contenimento dei prezzi è confermato anche dal fatto che nel 2022, a fronte di un impatto dell’inflazione che ha determinato una crescita della spesa complessiva delle famiglie pari a 446 euro mensili (sul 2021, dato Istat) l’impatto del carrello della spesa stimato da Nielsen è stato di 35 euro.
Inoltre, verifiche legali hanno appurato - secondo Centromarca e a Ibc - che la normativa antitrust non consente di promuovere presso le aziende associate gli impegni oggetto del protocollo: ogni industria, nel rispetto della legge, agisce in autonomia, sia nel rapporto con fornitori e clienti, sia nella definizione delle politiche commerciali. Un’intesa che “controlli” i prezzi (anche al ribasso) costituirebbe un potenziale cartello, sanzionabile da parte dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato. L’attuazione del contenuto del protocollo determinerebbe, inoltre, interferenze nelle relazioni di filiera e una distorsione della concorrenza tra le imprese, che competono tra loro sulla base di posizionamenti, margini e politiche di prezzo differenziate.
Nel comunicare le ragioni della loro posizione, Centromarca e Ibc hanno ribadito la loro volontà di dialogo, con l’obiettivo di affrontare a un tavolo condiviso e in modo organico le inefficienze presenti nella filiera del largo consumo che si traducono in costi per il consumatore finale. Per rafforzare il potere d’acquisto delle famiglie hanno inoltre auspicato una riduzione sensibile dell’Iva sui beni di consumo, ulteriori tagli al cuneo fiscale e azioni che portino la concorrenza nei settori in cui non è presente.

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