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Caso “latte in polvere”, dietro la diffida Ue all’Italia per eliminare il divieto di usarlo nella produzione di formaggi ci sarebbe l’intervento di Assolatte. Per Coldiretti è “tradimento del made in Italy”. La Cia predica prudenza: “no allarmismi”

Non Solo Vino
Latte in polvere, Coldiretti accusa Assolatte

Tutti a dare contro l’Europa, dopo la diffida inviata nei giorni scorsi all’Italia, dove la Commissione Ue intimava al Belpaese di eliminare il divieto di produrre formaggi con latte in polvere e latte condensato. Che, ovviamente, non si traduce nell’imposizione a farlo, ma che ha scatenato reazioni forti da parte di molti, a partire dal Ministro Martina, che ha dichiarato “non faremo passi indietro”, a Slow Food e Coldiretti, che hanno sostenuto che una cosa simile metterebbe a rischio il sistema dei formaggi di qualità del Belpaese (in realtà tutelati dai disciplinari dei vari prodotti Dop e Igp).
Ma ora emerge che più che una partita Europa-Italia, quello del latte sia uno scontro che nasce dentro al Belpaese.

“Siamo di fronte ad un caso di alto tradimento del Made in Italy da parte di una associazione che ha agito contro gli interessi dell’Italia, dell’agroalimentare nazionale e forse di parte dei suoi associati impegnati nel garantire la qualità e la tipicità della produzione lattiero casearia tricolore”, tuona il presidente della Coldiretti Roberto Moncalvo nel commentare l’indiscrezione secondo la quale a sollecitare la diffida della Commissione Europea nei confronti dell’Italia per porre fine al divieto di detenzione e utilizzo di latte in polvere per la fabbricazione di prodotti lattiero caseari, previsto dalla legge nazionale n. 138 dell’11 aprile del 1974, sia stata l’associazione delle Industrie lattiero casearie (Assolatte). Un sospetto che è stato confermato parzialmente dal Commissario europeo Phil Hogan che ha parlato di una reazione comunitaria alla protesta di un produttore italiano nel corso dell’audizione alle Commissioni Agricoltura di Politiche europee di Senato e Camera congiunte. “Quelli che chiedono all’Unione Europea di produrre il “formaggio con la polvere” sono - precisa Moncalvo - gli stessi che sottopagano il latte agli allevatori italiani con prezzi che non coprono neanche i costi dell’alimentazione del bestiame. Una manovra che fa comodo a chi vuol continuare ad importare prodotti dall’estero da spacciare come Made in Italy per la mancanza di un adeguato sistema di etichettatura sull’origine dei prodotti lattiero caseari. Il risultato è che dall’inizio della crisi hanno chiuso in Italia oltre diecimila stalle da latte con la perdita di posti di lavoro e di reddito ma anche di un ruolo insostituibile di presidio del territorio. L’Italia grazie alla tutela della legge nazionale ha conquistato un primato internazionale nella qualità e nella varietà della produzione di formaggi con oltre 400 diversi tipi censiti a livello territoriale che lo scellerato comportamento delle lobby industriali rischia ora di far crollare. Latte in polvere: no allarmismo, pericoloso per il “made in Italy” agroalimentare. Una azione - conclude Moncalvo - che danneggia i consumatori italiani con l’offerta di prodotti di basso standard qualitativo con effetti sul piano economico, occupazionale ed ambientale”.

In un clima tanto acceso c’è anche chi predica calma, come il presidente della Cia - Confederazione Italiana Agricoltori, Dino Scanavino: “il polverone mediatico che si sta creando intorno al divieto di utilizzare il latte in polvere per i prodotti lattiero-caseari “rischia di innescare preoccupanti allarmismi tutti a svantaggio del made in Italy agroalimentare. Sarebbe opportuno che tutte le organizzazioni di categoria facessero chiarezza sulla questione e richiamassero alla razionalità, anziché spaventare i consumatori con paure spesso infondate. È bene chiarire innanzitutto che il latte in polvere non può essere utilizzato, a prescindere, per la produzione di prodotti a denominazione di origine protetta. Parmigiano, Grana Padano, Mozzarella di bufala, Pecorino, Asiago, Provolone e tutti gli altri 50 prodotti caseari “made in Italy” restano estranei a questa vicenda”.

Sono queste le produzioni, ricorda la Cia, che utilizzano gran parte del latte trasformato e dove i disciplinari non prevedono il latte in polvere. Per gli altri prodotti, qualora anche le prossime riunioni a Bruxelles dovessero tradursi in un nulla di fatto per l’Italia, resta l’obbligo di indicare un eventuale utilizzo di latte in polvere tra gli ingredienti.

“Certamente - continua il presidente della Cia - si può e si deve discutere riguardo alle modalità con cui gli ingredienti sono indicati sulle etichette dei formaggi e sulla possibilità di incidere per modificare la normativa europea. Ma cosa ben diversa è l’atteggiamento e l’azione di alcuni preoccupati unicamente a diffondere allarmismo. Eppure quelli che oggi infondono paure sono gli stessi che hanno sostenuto il progetto per il polverizzatore del latte nel Nord Italia. Se ci fosse un po’ più di coerenza - conclude Scanavino - magari si riuscirebbe a difendere e a tutelare le imprese agricole, anziché metterne a rischio la redditività attraverso la diffusione di informazioni e notizie superficiali e che mancano del necessario approfondimento”.

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