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CAVIALE: PREOCCUPA ANCHE L'ITALIA LA DIRETTIVA DELL'ONU. NEL BRESCIANO VENGONO PRODOTTE OLTRE 17 TONNELLATE ALL'ANNO DI UOVA DI STORIONE

La minaccia della Cites, l'organizzazione dell'Onu che combatte il traffico delle specie in vie di estinzione, di mettere fuori legge l'esportazione del caviale proveniente dal Caspio, dal mar Nero, dal Danubio e dal fiume cino-russo Amur, se non verrà fornita la documentazione sulle azioni messe in atto per combattere inquinamento e bracconaggio, mette in allarme anche l'azienda italiana del caviale, la Agroittica di Calvisano, che produce 17 tonnellate di uova di storione. Il caviale di Calvisano viene estratto dagli storioni allevati in uno specchio d'acqua di 60 ettari che dal 1996 si riproducono in loco. La direttiva dell'Onu, che tende a salvaguardare una specie minacciata dall'inquinamento e dalla pesca di frode, quindi non riguarda Agroittica ma Sandro Cancellieri, amministratore delegato della società, non nasconde le preoccupazioni: "Il problema - spiega - è che una direttiva come questa tende a criminalizzare la commercializzazione del caviale. Negli Stati Uniti, per esempio, é già stato bandito il beluga. Quando parte una campagna come questa che tende a salvaguardare animali la cui esistenza è minacciata diventa difficile poi per noi spiegare che i nostri storioni nascono e diventano adulti in un ambiente non inquinato e che ogni anno vengono reimmessi in allevamento". "Tra l'altro - spiega Cancellieri - in pochi sanno che la Russia già dal 2003 non è sul mercato. C'é chi sostiene che abbiano bloccato l'esportazione perché temono uno scandalo se una partita venisse fermata e si scoprisse caviale non idoneo al consumo. C'é chi invece sostiene che ci sono così tanti miliardari in Russia che il caviale prodotto basta per il fabbisogno interno". Nonostante il blocco dell'esportazione, però, il caviale russo si trova ancora sul mercato: "Basterebbe andare al Marché Matinal di Bruxelles per vedere cosa accade. Arrivano ogni mattina auto con carichi di ogni tipo di caviale di provenienza illecita. A Napoli mi è capitato questo episodio: ho chiesto ad in un ristorante come potevano avere caviale russo. Mi hanno risposto che sciué sciué tutto é possibile". Il timore, insomma, è che la direttiva Onu possa coinvolgere anche la produzione italiana: "Se parte una campagna contro il caviale poi è difficile - spiega Cancellieri - fissare una strategia di lungo termine. Noi non importiamo più lo storione bianco del Pacifico perché ormai questi pesci nascono nel nostro allevamento e abbiamo un programma di produzione di 15 tonnellate di caviale all'anno alle quali se ne aggiungono altre due dallo storione siberiano che, invece, importiamo dalla Francia".
La produzione di caviale in Italia è iniziata nel 1981 quando Giovanni Tolettini, titolare dell'Acciaieria di Calvisano, pensò di sfruttare gli impianti siderurgici attraverso i quali scaldava l'acqua di un allevamento di anguille. Il mercato delle anguille non andava molto bene per cui pensò di allevare gli storioni per la carne e iniziò a produrre anche piccole quantità di caviale. La produzione è andata via via aumentando e ora la Agroittica è un'azienda con 105 dipendenti e un fatturato di 7 milioni di euro su un totale di 19 milioni. La Agroittica oltre alla produzione di caviale importa pesce spada, salmone, trote e tonno per la commercializzazione. Il mercato di riferimento dell'azienda è perlopiù estero: al primo posto le compagnie aeree Lufthansa, Singapore, Thai International, segue il Giappone, la Francia, la Germania, gli Stati Uniti e la Gran Bretagna. Il segreto del successo sta nella qualità del prodotto finale: "Il nostro caviale - spiega Cancellieri - è poco salato rispetto alle varietà selvatiche perché possiamo disporre di ottimi metodi di lavorazione e conservazione, garantiti da severe normative Ue e da controlli quotidiani dei veterinari del servizio sanitario nazionale. I meno esperti, infatti, forse lo ignorano ma il caviale doc deve essere inodore e non deve sapere di pesce, meno che mai di metallo". A Calvisano, paese di poco più di cinquemila abitanti della Bassa bresciana, noto anche per i successi della squadra di rugby che quest'anno ha vinto il campionato Super 10, si continua a lavorare ma con qualche preoccupazione: "L'Onu - dice Cancellieri - avrebbe dovuto decidere prima e combattere maggiormente il mercato illegale. Questa direttiva è a babbo morto". A favore della direttiva Onu che mira a salvaguardare le specie in via di estinzione si è dichiarata Legambiente: "Le specie animali e le piante stanno diminuendo in tutto il mondo. L'Europa con 571 specie classificate a rischio e l'Italia con 111 della stessa lista rossa, purtroppo non fanno eccezione".

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