La passione per il cinema e quella per la buona tavola vanno spesso a braccetto: ne troviamo conferma in una serie quasi infinita di pellicole che, direttamente o indirettamente, raccontano situazioni che hanno a che fare con la sfera del gusto.
Attraverso le immagini che scorrono sul grande schermo (che resta sempre meglio di tv, cassette e dvd, ne converrete: avete mai provato a versare un vino eccellente nel bicchiere sbagliato?) lo spettatore è invitato a pranzo o a cena e viene coinvolto nella narrazione di emozioni fortissime, trasfigurate dal ricordo o dall'interpretazione dell'autore.
Il successo di "Sideways", storia tutto sommato non eccezionale (ma ottimamente sceneggiata) di due amici alla ricerca del proprio io e del miglior Pinot Nero tra le vigne della California, ha ravvivato l'interesse per la particolare sezione dell'Ottava Musa che si occupa di cibo e di vino.
Allora, ci siamo detti, perché non fare un piccolo viaggio in questo mondo speciale, tanto per sbirciare nella vetrina dei ricordi e tirare fuori i calici più belli per non farli impolverare?
Certo non dimentichiamo le tinte forti come uno Zinfandel appena pressato de "Il profumo del mosto selvatico" di Alfonso Arau, film ricco di stupende scene dedicate al rito della vendemmia.
Che dire poi della meticolosa, quasi scientifica preparazione de "Il Pranzo di Babette" di Gabriel Axel? Se avete visto il film, vi sarete quasi sentiti in bocca le "cailles en sarcophage", accompagnate da una remota annata di Chateau Petrus.
Va detto che, personalmente, a film-documentario come il pluripremiato "Mondovino" del bravo Jonathan Nossiter preferiamo lavori in cui la fantasia e l'inventiva giocano un ruolo decisivo: meglio il vino come metafora della vita che viceversa.
Quindi largo all'enotecario di "Blood and Wine" (un magistrale Jack Nicholson) che, allontanandosi dall'onesto commercio della bevanda di Bacco, trova la perdizione.
Tanti sono i film che rimarranno per sempre impressi nella nostra mente per qualche scena tutta vissuta davanti ad un piatto: valga per tutti "Un americano a Roma" di Steno, con un indimenticabile Alberto Sordi che, dopo aver tentato di ingurgitare un improbabile menu "yankee" si avventa su un piatto fumante di spaghetti al grido di: "Maccheroni, m'hai provocato e io ti distruggo adesso, io me te magno".
O, ancora, l'affamatissimo Totò di "Miseria e nobiltà" che gli spaghetti (speriamo di Gragnano.) se li mette addirittura in tasca, alludendo, da grandissimo comico, ad una atavica fame che neanche l'abbondanza può lenire?
E anche quando l'abbondanza c'è, sono altre le sofferenze, quelle dell'anima, che un pranzo "finale" come "La Grande Abbuffata" di Marco Ferreri racconta con ironia e disincanto.
Quando è il momento del dolce, poi, non mancano i riferimenti: ci viene subito in mente la precisione e la cura del particolare del pasticcere ebreo de "La finestra di fronte", un dolente e magnifico Gabriele Ferzetti o il sorriso complice della deliziosa Juliette Binoche in "Chocolat".
Tornando a "Sideways", il protagonista Miles decide, alla fine, di stappare in un"fast food" la sua preziosa bottiglia di Cheval Blanc del '61 e di voltare una pagina della propria vita, riaprire il suo cuore all'amore.
Magia del vino? Forse, ma il miracolo più grande è quello che possiamo compiere anche noi, creando il nostro piccolo film da Oscar: basta andare nei luoghi in cui il vino si fa, conoscere le persone che lo fanno e bere insieme a loro, gustando anche e soprattutto i loro sguardi felici.
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