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Cinque colture (riso, soia, mais, grano e olio di palma) sarebbero responsabili di più emissioni di gas serra dell’intera Ue. Nel Business & Climate Summit 2016 di Londra, Oxfam punta il dito contro l’industria alimentare globale

Si ha un bel parlare oggigiorno di sostenibilità, di impatto ambientale e di “emissioni zero”, almeno nel mondo dell’agroalimentare di qualità, ma rimane il fatto che ancora queste tematiche non sono applicabili ai meccanismi produttivi veramente di massa - quelli che davvero, in altre parole, ad oggi sostentano la gran parte degli abitanti del nostro pianeta. E a sottolinearlo efficacemente ci ha pensato Oxfam, celebre organizzazione benefica internazionale, nel Business & Climate Summit a Londra, con un report eloquentemente titolato “A qualcuno piace caldo: così l’industria alimentare nutre il cambiamento climatico”.
Il report punta decisamente il dito contro gli effetti della produzione di cinque materie prime insostituibili per il nutrimento degli oltre sei miliardi di esseri umani sulla Terra, ovvero riso, soia, mais, grano e olio di palma: secondo Oxfam queste produzioni genererebbero, nel loro complesso e a livello globale, una quantità di emissioni di gas serra superiore a quella prodotta da tutta l’Unione europea e da qualsiasi altro Paese a eccezione di Cina e Stati Uniti. Le cause sono molteplici: si va dal metano prodotto dalle risaie allagate al protossido di azoto derivante dall’utilizzo dei fertilizzanti, ma alla fine dei conti, conclude il documento, l’industria alimentare globale sarebbe responsabile per almeno il 25% delle emissioni di gas serra totali. Va da sé che senza un deciso cambio di rotta non solo le conseguenze di lungo periodo potrebbero essere quantomeno rilevanti, ma anche che non sarà possibile raggiungere gli obiettivi fissati nell’accordo di Parigi sul clima, per quanto concerne il taglio delle emissioni e il contenimento del riscaldamento globale.
“Le grandi aziende riunite a Londra”, ha dichiarato Elisa Bacciotti, direttrice delle campagne di Oxfam Italia, riferendosi alle parecchie multinazionali di peso del settore O&G ed agroalimentare che hanno propri rappresentanti al summit di Londra, “devono dar prova che Parigi è stato davvero un trampolino di lancio verso tagli più consistenti alle emissioni, e devono assicurare un maggiore sostegno agli agricoltori di piccola scala nella lotta agli effetti del cambiamento climatico. Il settore alimentare è il primo ad essere chiamato in causa e dovrebbe davvero aprire la strada per gli altri settori, affinché questo processo virtuoso diventi realtà”.

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