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WORLD FOOD DAY

“Climateflation”: come in Italia il clima stravolge le produzioni agricole e i prezzi aumentano

Allarme Wwf: le famiglie rinunciano agli alimenti nutrienti, crollano latte, ciliegie e nocciole, resistono olio e vino, ed è boom di frutta tropicale
AGRICOLTURA, CAMBIAMENTO CLIMATICO, CLIMATEFLATION, PREZZI, WWF ITALIA, Non Solo Vino
La crisi climatica stravolge le produzioni agricole in Italia

Cala la produzione di latte in Italia, ma anche di pesche, albicocche, ciliegie e mandorle con ripercussioni dirette sull’aumento del prezzo del prodotto e sulle importazioni estere, e mentre olio e vino si dimostrano comparti più resilienti, si assiste parallelamente ad un piccolo boom delle coltivazioni di frutta tropicale. Il responsabile di tutto ciò è la crisi climatica, che rende i prodotti agricoli nazionali meno disponibili e più cari, e che, nel 2025, non ha fatto a meno di confermare le vulnerabilità del nostro Paese. È il “faro” che accende Wwf Italia in occasione del “World Food Day” 2025, la “Giornata Mondiale dell’Alimentazione” che si celebra oggi, 16 ottobre, per rimarcare l’urgenza di ripensare modelli colturali, sistemi di irrigazione e strategie di adattamento per far fronte alle perdite registrate nei vari comparti agricoli italiani, che hanno poi ricadute dirette sull’economia e sulla disponibilità di prodotto, oltre che sulla stabilità delle comunità agricole e sulla qualità stessa del cibo.
L’anno 2025 ha confermato, infatti, il trend di riscaldamento globale e l’Italia non ha fatto eccezione: nei primi 3 mesi, secondo i dati del Consiglio Nazionale delle Ricerche, la temperatura è aumentata di +1,67 gradi, con giugno (+3,02 gradi) che si è posizionato al secondo posto come il più caldo mai registrato, secondo solo a quello del 2003.
Uno studio pubblicato su “Science Advances” ha dimostrato che lo stress termico nelle vacche da latte riduce in modo significativo la produzione: il che trova conferma nei dati Ismea, che rilevano che nel 2025 la produzione di latte in Europa è diminuita dell’1% (trend confermato anche in Italia nel primo quadrimestre). In Lombardia - che produce quasi la metà del latte nazionale - le alte temperature estive hanno ridotto la produzione fino al 15% (-1,8 milioni di litri al giorno, secondo le associazioni di categoria locali), con cali fino al 30% registrati anche in Molise.
Anche sul fronte agricolo la situazione non è delle migliori. Oggi una delle minacce più gravi per molte colture è la combinazione di inverni miti seguiti da improvvise gelate primaverili: le temperature insolitamente elevate dell’inverno anticipano, infatti, il risveglio vegetativo delle piante con gemme, fiori e germogli che si sviluppano prima del previsto e diventano, così, estremamente vulnerabili ai ritorni di freddo. A patirne le conseguenze sono le ciliegie , in primis in Puglia che, da sola, produce il 30% del fabbisogno nazionale, ed il cui raccolto nel 2025 è crollato dal 70% fino al 100% in alcune zone del Sud-Est barese. Alle perdite agricole si sono aggiunti pesanti risvolti economici: a Milano, per esempio, le ciliegie sono arrivate a costare fino a 23 euro al chilo.
Un fenomeno, quello degli aumenti improvvisi dei prezzi dovuti agli effetti della crisi climatica, noto come “climateflation” e che si riflette su persone vicine alla soglia di povertà che rinunciano sempre più spesso a frutta e verdura, con conseguenze dirette sulla salute.
Capita anche alle mandorle (che, nel 2025, hanno visto aumentare i prezzi del 15-20% sul 2023, poiché la produzione regionale è crollata del 60%), e alle nocciole, con un rendimento stimato a meno della metà del potenziale produttivo nazionale: “vuoti” sul mercato, che vengono rapidamente colmati da importazioni estere. Duro colpo anche per il miele - non solo un’eccellenza agroalimentare, ma anche un presidio fondamentale per la biodiversità - la cui produzione primaverile nel 2025 si è praticamente azzerata seguita da una ripresa minima durante l’estate, dice il Wwf, e anche per pesche e albicocche: per quest’ultime c’è un calo stimato del 20% sul 2024, dovuto in parte anche alla riduzione di superficie coltivata (a causa del rischio dovuto alle gelate molti agricoltori stanno abbandonando progressivamente la coltivazione delle albicocche, per i troppi costi e rischi). Secondo i dati di Prognosfruit 2025, anche la produzione nazionale di pere ha registrato un crollo di quasi il 25% sul 2024 (a incidere anche le fitopatie e la cimice asiatica).
Segnali incoraggianti arrivano, invece, dal comparto olivicolo con le prime stime che indicano un incremento produttivo attorno al 30% trainato dal Sud, in particolare da Puglia e Calabria (va peggio al Nord, dove tempo e clima meno benevoli hanno provocato un crollo stimato intorno al 40%).
Anche il settore vitivinicolo mostra segnali positivi: la vendemmia 2025 ha beneficiato di condizioni climatiche complessivamente equilibrate, con buona qualità e quantità delle uve dopo le difficoltà delle stagioni precedenti. Nonostante piogge primaverili irregolari e ondate di calore estive, la gestione agronomica e l’adattamento dei viticoltori hanno garantito un corretto sviluppo vegetativo. Le elevate temperature estive hanno anticipato la maturazione, con inizio della raccolta in alcune zone già da fine agosto. Elementi grazie ai quali si prospetta un’annata enologica di ottimo livello.
Contemporaneamente, complice il clima, l’Italia sta vivendo una trasformazione inattesa: il boom della frutta tropicale. A causa dell’aumento delle temperature medie e con una sperimentazione di nuove tecniche agricole, superfici sempre più ampie vengono infatti dedicate a mango, avocado, papaya, lime e annone (soprattutto in Sicilia, Puglia e Calabria) e la produzione è, ormai, talmente consistente che alcune filiere hanno iniziato anche ad esportare frutta tropicale italiana verso i mercati del Nord Europa, ribaltando il tradizionale ruolo dell’Italia come Paese importatore (in questo caso e per questi prodotti) e mostrando come la crisi climatica stia ridefinendo la geografia agricola nazionale. Ma per intervenire le soluzioni esistono: sono, infatti, in corso sperimentazioni su varietà di vite più tolleranti alle forti escursioni termiche, su drupacee (pesche, albicocche) con fioritura posticipata per ridurre il rischio di danni da gelo, e su cereali in grado di affrontare periodi di siccità alternati a precipitazioni improvvise.
“Per valorizzare davvero il potenziale del nostro comparto agricolo è necessario mettere a sistema più azioni: dall’economia circolare all’agroecologia, dall’innovazione tecnologica all’agricoltura rigenerativa, passando per la prevenzione e l’adozione di colture meno idro esigenti, il ripristino degli agroecosistemi e della fertilità dei suoli, fino al recupero e riuso delle acque reflue depurate - spiega Eva Alessi, responsabile Sostenibilità Wwf Italia - occorre inoltre rafforzare la diffusione dell’agricoltura biologica e dare piena attuazione alle progettualità per il risparmio idrico. Solo così potremo costruire un’agricoltura più sostenibile, capace di garantire qualità e competitività, ma soprattutto pronta ad affrontare con maggiore resilienza la sfida della crisi climatica”.
La “climateflation” sta, infatti, rendendo difficile l’accesso di alcune famiglie agli alimenti più nutrienti - come frutta, verdura, cereali integrali e legumi - che la dieta della salute planetaria “Eat-Lancet” 2025 indica come fondamentali per prevenire malattie croniche come patologie cardiometaboliche, ictus, diabete e alcune forme di cancro. Con il Wwf Italia che punta il dito contro l’Unione Europea e il Governo nazionale “che sembrano andare nella direzione opposta” rispetto agli interventi per fermare il cambiamento climatico e i suoi effetti, portando, ad esempio, tutta la propria disapprovazione per l’ennesima falsa semplificazione della Politica Agricola Comune che si è tradotta nella cancellazione delle misure di tutela del suolo e della biodiversità, persino nelle aree protette Natura 2000”.

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