“Sono tra i 20 ed i 25 miliardi gli euro che vengono sprecati per il mancato utilizzo dei beni confiscati alle mafie, sulla base delle stime dell’Istituto nazionale degli amministratori giudiziari (Inag)”. Lo afferma la Coldiretti sulla base del quarto Rapporto Agromafie nel ventennale dell’approvazione della legge 109/96 per l’uso sociale dei beni confiscati alle mafie.
Dal rapporto elaborato dalla Coldiretti con Eurispes e Osservatorio criminalità in agricoltura su tutto il territorio nazionale si evidenzia che sono 26.200 i terreni nelle mani di soggetti condannati in via definitiva per reati che riguardano tra l’altro l’associazione a delinquere di stampo mafioso e la contraffazione, anche perché il processo di sequestro, confisca e destinazione dei beni di provenienza mafiosa si presenta lungo e confuso, spesso non efficace e sono numerosi i casi in cui i controlli hanno rilevato che alcuni beni, anche confiscati definitivamente, sono di fatto ancora nella disponibilità dei soggetti mafiosi.
“Si stima - sottolinea la Coldiretti - che circa un immobile su cinque confiscato alla criminalità organizzata sia nell’agroalimentare. Il 53,5% - precisa la Coldiretti - si concentra in Sicilia, mentre la restante parte riguarda soprattutto le altre regioni a forte connotazione mafiosa, quali la Calabria (17,6%), la Puglia (9,5%) e la Campania (8%). Seguono con percentuali più contenute la Sardegna (2,3%), la Lombardia (1,6%), la Basilicata (1,5%) e il Piemonte (1,3%). Le altre regioni si attestano sotto l’1%.
La Dia ha avviato un monitoraggio e i report che ne raccolgono i risultati denunciano diverse irregolarità con moltissimi beni che risultano ancora occupati o dai mafiosi stessi o da loro parenti e prestanome. All’origine di ciò, inadempienze, procedure farraginose, lungaggini burocratiche. I criminali che non vengono sgomberati dagli immobili godono persino del vantaggio di non dover pagare le tasse sul bene, poiché sequestrato. Senza dimenticare - conclude Coldiretti - che i beni di fatto non riutilizzati, anche quando non sono più direttamente a disposizione dei soggetti mafiosi, comunicano all’esterno il permanere del loro controllo sul territorio”.
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