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COME CAMBIA IL LAVORO IN AGRICOLTURA, E QUALI SONO GLI STRUMENTI PER REGOLAMENTARLO E SOSTENERLO, CREANDO NUOVE OPPORTUNITÀ? LE RISPOSTE NEL PROGETTO DI RICERCA “L’ATTRATTIVITÀ DEI MESTIERI DELL’AGRICOLTURA: NUOVA OCCUPAZIONE E INCLUSIONE SOCIALE”

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Lavori in vigna

Come cambia il lavoro in agricoltura, e quali sono gli strumenti più opportuni per regolamentare e sostenere il mercato e creare nuove opportunità occupazionali? Sono questi gli interrogativi cui ha cercato, e trovato, risposta il progetto di ricerca “L’attrattività dei mestieri dell’agricoltura: nuova occupazione e inclusione sociale”, di scena oggi a Roma e realizzato dall’Alpa (Associazione Lavoratori Produttori dell’Agroalimentare) e finanziato dall’Unione Europea, avvalendosi dell’apporto di partner nazionali (l’Inea, nel progetto “Promozione della cultura contadina”) ed europei, come Efat - European Federation of Trade Unions in the Food, Agriculture and Tourism sectors, Ccoo - Confederación Sindical de Comisiones Obreras e Ftag per la Spagna, Peco Institute e Igbau per la Germania, Fga-Cfdt per la Francia.
I profondi cambiamenti dell’agricoltura europea e le successive riforme della Pac, hanno prodotto nell’impiego di lavoro in agricoltura una progressiva modificazione del volume complessivo e una diversificazione della composizione della forza lavoro impiegata. Si registrano fenomeni di inclusione per nuovi soggetti professionalizzati , per giovani e per l’occupazione femminile in attività legate non solo alla produzione di beni primari ma anche di servizi socio- ambientali.
Il contributo dell’agricoltura al Pil europeo può sembrare debole rispetto ad altri settori, ma la produzione agricola, nel suo insieme, rappresenta la principale fonte di reddito per circa il 20% della popolazione, che vive in zone prevalentemente rurali. Il settore agricolo è quindi fondamentale per la sicurezza alimentare dell’Europa, per la sua coesione sociale e per la preservazione dell’ambiente. Nonostante ciò si tratta di un settore scarsamente appetibile per chi si offre sul mercato del lavoro. Questa ricerca è finalizzata a mettere in evidenza quali sono le criticità e le opportunità sulle quali si può intervenire per migliorare l’attrattività del settore soprattutto in riferimento a tre aspetti: equità di genere, ricambio generazionale ed inclusione sociale.
I cambiamenti strutturali iniziati negli anni Cinquanta o Sessanta hanno generato una riduzione sensibile del numero di aziende agricole,in particolare di quelle medio piccole, ciò ha favorito una parziale ridistribuzione fondiaria a favore delle medie e grandi imprese. In questi ultimi anni l’agricoltura oltre ad adeguarsi alle successive riforme della Pac affronta nuove sfide, in un contesto di crisi e di globalizzazione che modifica profondamente il quadro socio economico del comparto agricolo.
Il settore agricolo è stimolato dai cambiamenti in atto a livello locale e globale a sviluppare una versatilità diversa da quella tradizionale: alle competenze manuali sempre più spesso si aggiungono capacità relazionali, programmatiche e gestionali avanzate; il mercato del lavoro agricolo acquisisce una forte dimensione internazionale dovuta allo scambio intraeuropeo di lavoratori e alla crescente presenza di immigrati extracomunitari.
Le statistiche sull’impiego in questo settore permettono di apprezzare le principali dinamiche, ma rimangono insoddisfacenti nella misura in cui non riescono a cogliere le novità generate dal processo di adattamento del settore per le quali sarebbe necessario sviluppare nuovi indicatori e metodi di rilevazione. Ad ogni modo dalle statistiche disponibili il quadro che emerge ci racconta che, globalmente, nel territorio dell’Ue, il livello dell’occupazione in agricoltura sta calando con nuove prospettive al ribasso all’interno degli Stati membri di più recente adesione; diminuiscono le piccole aziende e, parallelamente, questa evoluzione globale si accompagna a un innalzamento dei livelli di tecnicità, tenuto conto dei cambiamenti strutturali sopracitati. Tuttavia, emergono alcune tensioni per quanto riguarda alcuni mestieri la cui offerta è strutturalmente superiore alla domanda di occupazione. Si intravedono nuove evoluzioni nei mestieri esistenti o nuovi mestieri legati allo sviluppo dei servizi ambientali e sociali. Queste evoluzioni sono ancora difficili da quantificare, specialmente per via del fatto che non esiste ancora una loro definizione precisa (green economy o social farm …).
L’occupazione delle donne resta importante, anche per via di una femminilizzazione dell’impiego salariato, nel quale il lavoro stagionale, specialmente per i migranti, è in crescita. Dal punto di vista salariale, per quanto riguarda l’equità di genere, in teoria, la legge tutela i lavoratori indipendentemente dal sesso. Nella pratica esiste una discriminazione tra uomini e donne e tale differenza può essere più grave a secondo che si tratti di lavoratori originari del paese o di lavoratori migranti e a seconda dell’incidenza del lavoro non regolare. La flessibilità della mano d’opera è una caratteristica di questo settore, a causa della necessità di lavoro stagionale, ma anche per la presenza diffusa di quello part time, e tende ad accentuarsi sempre di più. La situazione non è omogenea in Europa, ma in molti casi la piramide dell’età mostra un invecchiamento degli occupati in agricoltura, e preoccupa soprattutto la mancanza di ricambio generazionale nella conduzione dell’azienda. Sebbene la consapevolezza sia più sviluppata negli Stati Membri di più lunga data, l’agricoltura è anche un settore di inclusione sociale, perché si presta a creare occasioni di impiego per persone a bassa contrattualità (agricoltura sociale) offrendo concrete soluzioni per una nuova politica di welfare.
In definitiva, quindi, ciò che è emerso dal simposio è l’importanza di un dialogo tra le parti sociali a livello transnazionale, allo scopo di proporre soluzioni adeguate per facilitare le procedure per il riconoscimento professionale e previdenziale, poiché il mercato del lavoro agricolo è, probabilmente, quello in cui si esprimono tutte le opportunità e le criticità connesse alla mobilità dei lavoratori consentita dall’integrazione europea. Prima fra tutte l’impiego di lavoro senza le dovute tutele, rispetto al quale si rende non rinviabile un’azione incisiva, poiché l’impiego di lavoro irregolare oltre a ledere i diritti del lavoratore non genera vera ricchezza perché penalizza quelle aziende che invece vogliono ottemperare nel rispetto delle normative economiche e contrattuali.
L’accordo sociale deve servire anche a trovare soluzioni appropriate in relazione alle peculiarità del settore agricolo che non sono rimovibili (stagionalità …), ma che possono essere mitigate da forme contrattuali opportune e da una maggiore professionalizzazione dei lavoratori tale da consentirgli di svolgere più mansioni e quindi di essere versatili nell’impiego aziendale.
Nella considerazione della federazione europea dei sindacati dei lavoratori agricoli, l’Effat, l’innovazione del lavoro agricolo si realizza innanzitutto su dei programmi di formazione professionale rivolti ai futuri lavoratori. In questo senso, qualsiasi azione mirante a sviluppare la gestione programmata dei posti di lavoro e competenze (Gppec), soprattutto su scala territoriale, rappresenta una leva importante. In particolare tra i giovani è fondamentale una politica di formazione considerato che invece essi non hanno in generale un’idea positiva del settore anche per le scarse garanzie e la poca protezione sociale che presenta. L’annuario europeo delle competenza permetterebbe di armonizzare i criteri di qualificazione e di assunzione, e di aumentare la mobilità dei lavoratori.
Inoltre, una migliore trasparenza del mercato del lavoro potrebbe favorire una maggiore equità di genere considerato che il lavoro femminile è meno retribuito e confinato in settori più marginali. Nel settore agricolo si registra spesso che le donne non hanno le stesse opportunità di carriera e raramente occupano posizioni direttive. Infine, va sottolineata la positività registrata nelle esperienze di Agricoltura Sociale le quali vanno diffondendosi sia nelle aree periurbane che in quelle rurali, nonché in molti paesi della Unione Europea. L’agricoltura sociale presenta un duplice vantaggio: da un lato come opportunità di integrazione lavorativa di soggetti svantaggiati, laddove impiega persone a bassa contrattualità (disabili, ex detenuti, ex tossicodipendenti …); dall’altro per la natura sociale dei servizi che offre rappresenta una positiva soluzione in un moderno welfare di prossimità. Infatti, la scarsità di servizi socio-sanitari è uno dei fattori che determina lo spopolamento delle aree rurali, e quindi delle aree meglio vocate all’agricoltura. Un’offerta aggiuntiva di servizi alla persona implica un potenziamento della vitalità delle aree rurali e, in definitiva, dell’attrattività dei mestieri dell’agricoltura.

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