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COME TI ACCHIAPPO IL GENITORE PER LA GOLA. DEI FIGLI. STRATEGIE USA PER COMBATTERE LA CRISI DELLA RISTORAZIONE

Diciamo la verità: per i ristoratori nostrani i bambini sono una seccatura. Gridano, corrono per il locale, urtano sedie e camerieri, disturbano la serafica coppia settuagenaria di stranieri. Ma sono bambini. Se se ne stessero seduti compostamente per l’intera durata di un pasto, se conversassero amabilmente a bassa voce, non lo sarebbero. E - a prescindere da questo - portano al proprietario o gestore qualcosa di molto appetibile: i genitori. Se ne sono accorti negli Usa, dove catene come “Fazoli’s” (con il ristorante “Tony Tomato”), “El Torito”, Ihop - per non soffermarsi sul McDonald’s - hanno predisposto una strategia precisa per fronteggiare l’emorragia di clienti appartenenti alle fasce medio-basse: pasto gratis per gli under 12. Stante che non tutti i prodotti sono inclusi nell’offerta, che il pasto dei genitori si paga, che spesso bevande e dolci sono esclusi si capisce che per il ristorante la cosa conviene, eccome. Il richiamo per le famiglie è forte, il risparmio c’è, e la ristorazione low profile ne trae vantaggio riempiendo le sale e contrastando così una crisi che tra i primi bersagli ha ovviamente quei prodotti non primari per le famiglie come i ristoranti. Una crisi che negli States ha già fatto chiudere circa quattromila locali nel 2009, con un calo di affluenze del 5% calcolato sui nuclei familiari.

Ma il “kids-eat-free” pare funzionare bene, se è vero che motori di ricerca specifici come MyKidsEatFree.com o KidsMealDeals.com vengono regolarmente presi d’assalto.

In Italia - caso ancora relativamente infrequente - Moreno Cedroni della “Madonnina del Pescatore” a Senigallia ha adottato una variante di questa formula, che giudica “interessante ed intelligente”. Ovvero laddove per i piccoli clienti vengano richiesti piatti semplici che vanno dalla pasta al pomodoro alla cotoletta con le patatine, come spessissimo accade, non mette sul conto queste portate. Un richiamo forte per chi non può permettersi inserire nel bilancio familiare cifre importanti alla voce ristorazione.

Ma una vera cultura - squisitamente commerciale e non filantropica, si badi bene! - del pasto gratis per i bambini, nel nostro Paese non c’è ancora. Né ci sono i presupposti perché si sviluppi. Non possiamo fingere di ignorare due aspetti importanti: la cultura “popolare” (mi si passi il brutto termine) dell’approccio al cibo è molto diversa negli Usa rispetto all’Italia. Lì quella del pasto è una necessità, e come tale segue la filosofia della razionalizzazione del tempo più che quella del rito sociale, come invece avviene da noi. Si aggiunga che l’italiano mai andrebbe al ristorante per mangiare ciò che quotidianamente può mangiare a casa. Il ristorante rappresenta di per sé la celebrazione del gusto, non un mega-store di prodotti a bassa qualità/basso costo. E questo introduce alla seconda considerazione, perché partendo di qui si può immaginare perché grandi catene di ristorazione low profile, McDonald’s a parte, non abbiano mai tentato di colonizzare la realtà nostrana. E solo queste catene hanno i mezzi per pianificare strategie commerciali di forte richiamo come quella del “kids-eat-free”... come dimostra il fatto che simili iniziative sono presenti da noi praticamente solo negli stores Ikea!

Forse sarebbe qui la scommessa da fare. Non tanto chiedere a osterie, taverne o ristoranti di lusso di predisporre pacchetti-famiglia, quanto immaginare catene di ristorazione capaci di unire la qualità italiana alle strategie di mercato d’oltreoceano. Un modo di affrontare la crisi rischioso, ma intelligente ed innovativo. Un modo per vedere la recessione come un’opportunità e tentare di fare di questo beneamato Paese - sempre a rimorchio di idee altrui - un Paese all’avanguardia per un settore nel quale non deve essere secondo a nessuno.

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