Il terzo trimestre del 2022 è stato caratterizzato dal perdurare della crisi energetica e dell’instabilità geopolitica causata dalla guerra in Ucraina, dall’elevata inflazione e dagli interventi di politica monetaria restrittiva attuati dalle banche centrali per combattere l’aumento dei prezzi. La combinazione di questi elementi - come raccontano le anticipazioni del Report Ismea “La congiuntura agroalimentare del terzo trimestre 2022” - si prevede che porterò a un rallentamento della crescita dell’economia mondiale nei mesi a venire, con ricadute anche sulle filiere dell’agroalimentare e sui consumi alimentari delle famiglie.
Per capire meglio il contesto dell’analisi, è importante ricordare che, secondo le stime del Fondo Monetario Internazionale (World Economic Outlook di ottobre 2022) la crescita del Pil mondiale si attesterà al 3,2% per il 2022 e scenderà al 2,7% nel 2023, dopo il 6% registrato nel 2021. Il rallentamento sarà evidente soprattutto nelle economie avanzate, mentre si prevede una crescita stabile per i paesi emergenti. Per l’Ue le previsioni estive della Commissione indicano una crescita del 2,7% nel 2022 e dell’1,5% per il 2023, e nell’area Euro si prevede che l’inflazione tocchi il valore record dell’8,4% nel terzo trimestre del 2022, per poi scendere sotto alla soglia del 3% verso la fine del 2023. In Italia, secondo le ultime stime dell’Istat diffuse il 31 ottobre, il Pil nel terzo trimestre del 2022 è aumentato del 2,6% su base tendenziale e dello 0,5% su base congiunturale.
Il commercio mondiale, in volume, nei primi otto mesi del 2022 è, invece, aumentato del 27% su base annua, con un consolidamento del trend di crescita ad agosto, dopo il leggero calo congiunturale registrato a giugno (dati Cpb Netherlands Bureau for Economic Policy Analysis). Anche i listini delle commodity agricole, misurati dall’indice Fao, dopo gli aumenti di inizio anno, imputabili principalmente al conflitto tra Russia e Ucraina, hanno registrato un significativo calo congiunturale nel terzo trimestre del 2022, pari all’11,9%. Cereali e oli vegetali hanno registrato le riduzioni più importanti, soprattutto in luglio.
I prezzi di alcuni prodotti agricoli italiani - cereali, frutta, semi oleosi, vino - misurati dall’indice dell’Ismea, hanno registrato un calo congiunturale nel terzo trimestre del 2022, ma se si considera l’indice nel complesso i prezzi sono aumentati del 3,8% rispetto al livello del trimestre precedente, principalmente per gli aumenti degli ortaggi, delle colture industriali e dei prodotti zootecnici. L’aumento dei prezzi è ancora più evidente se si guardano le dinamiche tendenziali: l’indice è aumentato del 22%, sintesi di un +29% dei prodotti zootecnici e di un +16,2% di quelli delle coltivazioni.
Dal lato dei costi, l’incremento congiunturale dei prezzi dei mezzi correnti di produzione è stato inferiore a quello dei trimestri precedenti, e, per la prima volta, si registra un calo congiunturale dei prezzi degli energetici (-4,6% sul secondo trimestre). Nonostante questo, il confronto con il terzo trimestre 2021 evidenzia un incremento significativo, pari al 26,6% per le produzioni vegetali e al 25,8% per quelle zootecniche. In aumento soprattutto prodotti energetici (+67,2%), fertilizzanti (+41,6%) e mangimi (+35,9%).
Considerando queste dinamiche e quelle relative ai raccolti e alle produzioni, il valore aggiunto agricolo dovrebbe segnare una diminuzione su base congiunturale, così come confermato dalle stime preliminari Istat sul Pil del terzo trimestre. La produzione industriale dell’alimentare a settembre ha segnato un calo congiunturale dello 0,6% che ha interrotto la fase di crescita dei ritmi produttivi dei due mesi precedenti. Nel complesso, nei primi nove mesi del 2022 l’indice della produzione industriale del Food & Beverage è cresciuto del 3,3%, contro l’1,2% del manifatturiero nel complesso.
Le esportazioni agroalimentari italiane continuano a crescere nel 2022, con un +18% tendenziale del valore nei primi otto mesi dell’anno, ma per l’export nazionale complessivo, il rimbalzo è ancora maggiore (+22,1%).A concorrere al risultato per l’agroalimentare sono soprattutto le esportazioni dell’industria alimentare (+20%), ma la variazione è ampiamente positiva anche per la componente agricola (+8,1%). L’incremento dei prezzi delle materie prime agricole e degli energetici sta impattando sia sulle esportazioni, sia sulle importazioni agroalimentari, che, nei primi 8 mesi 2022, sono aumentate addirittura del 30%, frutto di un +36,3% per i prodotti agricoli e di un +27,1% di quelli dell’industria alimentare.
Da un surplus di 2,5 miliardi di euro nei primi otto mesi del 2021, così, la bilancia agroalimentare italiana è passata a un deficit di quasi 700 milioni di euro nei primi otto mesi del 2022. In particolare, sono aumentate in maniera rilevante le importazioni di caffè (+70% in valore, +13% in volume) e di mais (+64% in valore, +15% in volume). Aumenta notevolmente il valore degli acquisti di frumento duro (+38%), solo a causa degli aumenti dei prezzi all’import, a fronte di un calo delle quantità importate del 6% rispetto ai primi sette mesi del 2021.
Nei primi 7 mesi 2022 è, comunque, aumentato il valore delle spedizioni all’estero di tutte le principali produzioni del made in Italy. Tra i segmenti produttivi di maggior successo all’estero si confermano vini, formaggi stagionati, paste alimentari, prodotti da forno e preparati a base di pomodoro, per cui il valore dell’export continua a mostrare una dinamica molto positiva, in gran parte dovuta all’aumento dei prezzi che si è registrato negli ultimi mesi, ma anche a volumi in crescita.
Nel dettaglio, rispetto ai primi sette mesi del 2021 sono cresciute in maniera rilevante le esportazioni di pasta (+33% valore, +7% quantità), conserve di pomodoro (+25% valore, +11% quantità), seguite da formaggi e latticini (+22% valore, +13% quantità) e dai prodotti da forno (+16% valore, +8% quantità). Da evidenziare anche l’aumento dell’export in valore del caffè che fa segnare un +29% su base tendenziale, a fronte di un aumento del 5% in quantità.
Germania, Stati Uniti e Francia si confermano le principali destinazioni delle esportazioni agroalimentari nazionali; tuttavia, va ancora una volta messo in evidenza l’effetto distorsivo dell’inflazione.
Il valore del made in Italy segna una crescita rilevante sul mercato statunitense (+21% su base annua), su quello francese (+17%), su quello tedesco (+11%). Nei primi 7 mesi 2022, anche il valore delle esportazioni verso il Regno Unito è nettamente aumentato rispetto ai primi sei mesi del 2021 (+17%), mentre sono diminuite significativamente le esportazioni verso il Giappone (-22%).
Passando alla domanda nazionale, nei primi 9 mesi 2022 la spesa per consumi domestici di prodotti alimentari torna a superare quella dello stesso periodo dello scorso anno (+4,4%). Scendendo nel dettaglio delle categorie acquistate, si riscontra una lieve contrazione della spesa per le bevande alcoliche, cui contribuiscono soprattutto le flessioni degli acquisti per i vini e le birre (rispettivamente -4,6% e -0,8%), tendenza che rispecchia il graduale ritorno al consumo fuori casa. In aumento, invece, la spesa per le bevande analcoliche (+11,2%) favorita da un’estate molto calda che ne ha implementato i consumi.
Per i generi alimentari, la spesa segna nei primi 9 mesi 2022 un incremento del 4,6%, cui contribuiscono tutte le categorie, ad eccezione dei prodotti ittici. In evidenza tra tutte le categorie merceologiche quella degli oli e grassi vegetali per i quali la spesa è cresciuta del 15%, trainata da un aumento dei prezzi degli oli di semi legato alla situazione geopolitica delle vicende Russia-Ucraina. Il cibo a cui non si intende rinunciare sembra essere soprattutto quello più sobrio e basico (pasta, uova, latte) con italianità e sostenibilità a fare da elementi prioritari di scelta.
Scende il numero di famiglie che per fare acquisti alimentari utilizza il canale digitale; dopo il boom del 2020 e 2021, infatti, la scelta del canale fisico torna a prevalere su quasi un milione di famiglie che, nell’anno precedente, avevano provato il digitale. Di fatto però gli acquisti attraverso canali digitali restano superiori dell’80% sul periodo pre-covid, ma sono il 6% in meno le famiglie che lo hanno fatto nel 2022 sul 2021. Tra le tipologie di famiglie acquirenti sono quelle giovani con figli molto piccoli a incontrare le maggiori difficoltà economiche e a dover introdurre strategie di risparmio che permettono di contenere la spesa e addirittura di contrarla (- 13,7% rispetto al pre-covid). Bollette, baby-sitter, mutui o affitti assorbono buona parte degli stipendi costringendo a rinunce che investono anche il comparto alimentare.
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