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CON I CAMBIAMENTI CLIMATICI, IN FUTURO, MENO CIBO E PIÙ CARO, CON STIMA AL RIALZO (+20/40%) PER IL PREZZO DEI CEREALI NEL 2050, E COSTO DEL WELFARE CHE LEVITERÀ FINO A 280 MILIARDI DI DOLLARI ALL’ANNO. COSÌ UNO STUDIO DELLA RIVISTA “CLIMATIC CHANGE”

Non Solo Vino
Con il cambiamento climatico meno cibo e più caro

Meno cibo e più caro per colpa dei cambiamenti del clima, nonostante il taglio di Co2. Riso, grano e cereali, ma anche altre colture alla base della stragrande maggioranza delle diete nel mondo, soprattutto per i poveri, rischiano un forte taglio a causa di alluvioni, esondazioni di fiumi e aumento delle temperature provocati dai cambiamenti climatici (ma oltre al clima gioca un ruolo non trascurabile anche la pressione demografica).

Con una minore produzione ci sarebbe un aumento del prezzo stimato fra il 20 e il 40% per questi prodotti, mentre la frutta potrebbe costare il 30% in più entro il 2050. È quanto emerge da una ricerca pubblicata sulla rivista “Climatic Change”, secondo cui questo avrebbe anche costi rilevanti per il welfare globale, pari a 280 miliardi di dollari l’anno. Sia in uno scenario con minori emissioni di gas serra, sia in uno caratterizzato da elevata Co2, gli effetti dei cambiamenti climatici possono portare a un taglio dello 0,5% della produzione dei prodotti della terra entro la fine del decennio e del 2,3% entro il 2050.

A colpire maggiormente l’agricoltura - considerato il motore principale dell’economia - sono precipitazioni abbondanti e umidità del suolo causati dai cambiamenti climatici. La disponibilità di acqua, peraltro, è importante nella crescita delle colture, visto che con l’irrigazione gli agricoltori possono adattarsi quando non ci sono precipitazioni. E infatti, è stato verificato che le colture irrigate sono risultate meno vulnerabili ai cambiamenti climatici rispetto a quelle che dipendono dalla pioggia.

Gli effetti a catena sull’economia globale, secondo le stime dei ricercatori, portano a un taglio degli standard del benessere globale di 280 miliardi dollari all’anno entro il 2050, a prescindere da quale scenario venga considerato. L’Ocse (Organizzazione per la Cooperazione Economica e lo Sviluppo) e la Fao (Organizzazione per l’alimentazione e l'agricoltura) sono arrivati alla stessa conclusione, all’inizio di quest’anno, per cui le “pressioni ambientali e climatiche estreme” sono le ragioni principali dei futuri picchi dei prezzi alimentari, insieme con l’aumento della domanda da parte di una popolazione in crescita e il maggior utilizzo dei biocarburanti. Già il rapporto di Oxfam, l’anno scorso, aveva previsto aumenti esorbitanti dei prezzi alimentari dal 2030 a causa di prolungati periodi di siccità, inondazioni ed altri eventi meteo estremi.

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