Secondo i dati dell’ultimo bollettino del Governo sulla pandemia, aggiornato a ieri 11 gennaio 2022, in Italia, ci sono 2,1 milioni di persone attualmente positive al Covid-19, e altrettante in isolamento domiciliare. Una situazione che, oltre a ripercuotersi sul sistema sanitario, ancora lontano da livelli di crisi ma fortemente sotto stress, ha riflessi anche sul mondo del lavoro. Ed iniziano a sorgere preoccupazioni anche nella filiera della produzione e distribuzione di cibo, che pure non si è mai fermata neanche durante i lockdown. A lanciare l’allarme è Filiera Italia, fondazione che riunisce alcuni dei più importanti player dell’agroalimentare italiano (da Agrinsieme a Coldiretti, da Aia ad Amadori, da Biraghi a Bonifiche Ferraresi, da Campari a Carrefour, da Cirio a Conad da De Cecco a Farchioni, da Fileni a Olitalia, da Plasmon a Rigamonti) e del vino (con nomi come Bellavista, Donnafugata e Marchesi Antinori): “la produzione agroalimentare italiana, e con essa la crescita del nostro export rischia di essere messa in ginocchio dalle assenze per quarantene Covid, che in alcuni casi possono interessare anche il 30% di lavoratori del settore”, ha dichiarato Luigi Scordamaglia, consigliere delegato di Filiera Italia.
Un rischio importante per un comparto che dovrebbe aver chiuso il 2021 con esportazioni in crescita di oltre il +10%, superando la quota di 50 miliardi di euro in valore, secondo proiezioni e stime. “Se non vogliamo subire gli effetti di uno stop su crescita e produzione, è sempre più stringente la necessità di rendere obbligatoria la vaccinazione per tutti e ridurre al minimo i vincoli di quarantena anche per i positivi” dice Scordamaglia, che aggiunge: “non esiste strada alternativa, o il rischio sarà quello di bloccare tutto, considerando che secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, oltre la metà della popolazione europea, con estrema probabilità, sarà contagiata da Omicron nelle prossime 6/8 settimane”.
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