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CON L’IMU SUI FABBRICATI RURALI E I TERRENI AGRICOLI UN “SALASSO” DA 1 MILIARDO DI EURO. PESANTI GLI EFFETTI SULLE IMPRESE. LA CIA LANCIA L’ALLARME: L’APPLICAZIONE AVRÀ EFFETTI PESANTI; SE NON CI SARANNO RISPOSTE DELLE ISTITUZIONI, E’ MOBILITAZIONE

Un “salasso” da 1 miliardo di euro che rischia di mettere fuori mercato molte imprese. Questo il drammatico impatto che avrà quest’anno l’applicazione dell’Imu sui fabbricati rurali e sui terreni agricoli. Un’imposta ingiusta e penalizzante, peraltro su strumenti di lavoro, che metterà in crisi tutta la nostra agricoltura, che già vive un momento di estrema difficoltà con costi produttivi (in particolare il “caro-gasolio”), contributivi e burocratici giunti ormai a livelli insostenibili. Così la Cia-Confederazione Italiana Agricoltori rinnova il suo grido d’allarme di fronte alla pesante tassazione e richiama l’attenzione di governo e forze politiche su una questione che, se non risolta, sarà devastante e avrà effetti negativi anche sull’indotto che ruota attorno al mondo agricolo.

E’ inconcepibile - afferma la Cia - che per le categorie produttive si usino metri diversi. Gli agricoltori sono costretti a pagare anche su beni e strumenti indispensabili per la loro attività produttiva, mentre per altri si trova sempre una soluzione accomodante. Quanto avvenuto con il decreto sulle liberalizzazioni è emblematico. Il governo si dimostra forte con i deboli e debole con i tassisti, farmacisti e ordini professionali ... E’ un atteggiamento che non ci piace affatto. Questo non significa che l’agricoltura non intende fare la sua parte per il risanamento economico del Paese, ma il sacrificio richiesto non si può trasformare nella perdita di reddito e addirittura dell’azienda. Ed è quello che accadrà con l’Imu.

Il presidente Giuseppe Politi - ribadisce la Cia - ha sollecitato l’intervento di Mario Monti, dei leader dei partiti politici, delle forze presenti in Parlamento, dei comuni italiani. Ha chiesto anche ai vertici di Camera e Senato la costituzione di una Commissione d’inchiesta per valutare le grandi difficoltà delle imprese agricole, i loro onerosi costi e le conseguenze che avrà l’Imu sugli imprenditori agricoli. La Giunta nazionale della Confederazione ha annunciato lo stato di mobilitazione degli agricoltori, con iniziative sul territorio. Un impegno forte e deciso al quale, al momento, non è stata corrisposta un’eguale attenzione da parte delle istituzioni, che continuano ad ignorare la drammaticità della situazione.

Conti alla mano il quadro Imu per l’agricoltura - sottolinea la Cia, che sulla materia ha condotto un dettagliato studio - è ben chiaro. Il gettito che genererà sui fabbricati rurali strumentali supera i 600 milioni di euro; quello per i fabbricati usati dagli agricoltori ad uso abitativo è di circa 350 milioni di euro. L’applicazione dell’imposta sui terreni agricoli comporterà, inoltre, un esborso di 450 milioni di euro. Le somme che dovranno sostenere le aziende variano da 500-1.000 euro per quelle di piccole dimensioni a decine di migliaia di euro per quelle medie e grandi.

Se si fa il raffronto - ricorda la Cia - tra quello che attualmente paga l’agricoltura in termini di fiscalità (400 milioni di euro) e quello che sarà costretta a sborsare con la nuova imposta (1,4 miliardi di euro), emerge, appunto, un “salasso” da un miliardo di euro, che oggi l’agricoltura italiana non è nelle condizioni di sostenere, pena l’espulsione dal mercato di molte imprese impossibilitate a sopportare un gravame tributario cosi oneroso.

La Cia chiede, quindi, che sull’Imu sui fabbricati rurali e sui terreni agricoli ci sia un adeguato ripensamento. Occorre che la situazione sia analizzata in maniera oculata e, anche in base alla territorialità delle imprese, verificati quali impatti avrà l’applicazione dell’imposta. Ovviamente - conclude la Cia - se su questo problema non ci saranno risposte esaurienti ed efficaci, sarà inevitabile la scelta delle iniziative sindacali per richiamare l’attenzione dell’intero Paese nei confronti dell’agricoltura e dei suoi produttori che non possono essere ancora una volta trattati come cittadini di “serie B”.

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