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“CONSUMARE CIBI LOCALI DIMEZZA EMISSIONI. PROMUOVERE ALIMENTI A KM ZERO NEI MERCATI, SUPERMERCATI E NELLE MENSE”. LO DICE COLDIRETTI

Il fatto che un pasto con prodotti locali e di stagione genera la metà delle emissioni di CO2 dimostra che una risposta agli effetti dei cambiamenti climatici può essere fornita anche dalla differenziazione delle formule di vendita e degli stili di consumo, privilegiando gli alimenti prodotti localmente, garantendo elevati risparmi sotto il profilo energetico e delle risorse naturali e riducendo, al contempo, le emissioni connesse al trasporto delle merci. Lo afferma il presidente della Coldiretti Sergio Marini, nel suo intervento alla Conferenza nazionale 2007 sui cambiamenti climatici nel ricordare che perfino Al Gore nel suo ormai famoso libro “Una scomoda verità” ha inserito l’acquisto di cibi locali offerti direttamente dagli agricoltori nell’elenco delle cose da fare per dare una mano a salvare la terra dal surriscaldamento globale.

Secondo un recente studio della Coldiretti - ha ricordato Marini - consumando prodotti locali e di stagione e facendo attenzione agli imballaggi, una famiglia - sostiene la Coldiretti - può risparmiare fino a 1000 chili di anidride carbonica (Co2) l’anno poiché ad esempio per trasportare a Roma un chilo di ciliegie dall’Argentina in aereo per una distanza di 12mila km si liberano 16,2 kg di Co2 , mentre per un kg di pesche dal Sudafrica nel viaggio di 8mila chilometri si emettono 13,2 kg di Co2 e, infine, gli arrivi di ogni kg di uva dal Cile producono 17,4 kg di Co2 . C’è un numero crescente di consumatori su scala mondiale che vuole acquistare prodotti freschi, naturali, del territorio, che - ha continuato il presidente della Coldiretti - non devono percorrere grandi distanze con mezzi inquinanti e subire i lunghi tempi di trasporto prima di giungere sulle tavole.

La sensibilità di alcune catene della grande distribuzione commerciale nel cogliere i cambiamenti nel comportamenti dei consumatori ha già portato in alcuni casi alla scelta di dedicare ampi spazi sugli scaffali a prodotti locali del territorio o a segnalare all’opposto, con particolari accorgimenti, i prodotti provenienti da Paesi lontani con rilevanti costi ambientali.

E’ il caso - ha ricordato Marini - di una grande catena di distribuzione inglese che applica un aeroplanino sulle confezione della frutta e verdura importate da altri continenti o quella di altri gruppi di ospitare all’interno dei locali un vero mercato per la vendita diretta da parte degli imprenditori agricoli. Favorire nelle città italiane l’apertura di mercati gestiti direttamente dagli imprenditori agricoli delle campagne, i cosiddetti Farmers Market, risponde alla crescente domanda dei consumatori di combattere la moltiplicazione dei prezzi, assicurarsi prodotti di qualità e di limitare l’inquinamento ambientale - ha continuato Marini - nel sottolineare che in Italia potrebbe raggiungere fino al 15 per cento del mercato alimentare sulla base delle esperienze di altri Paesi.

Secondo una recente analisi negli Stati Uniti i Farmer Market sono una realtà in rapida espansione con il loro numero che è cresciuto nell’arco di cinque anni del 30 per cento passando da circa 3000 agli oltre 3700 interessando anche le aree di prestigio di grandi centri come New York, San Francisco e Los Angeles.

In Italia stanno arrivando le norme per la diffusione dei Farmers Market fortemente sostenute dalla Coldiretti che ha messo in atto una serie di iniziative per consentire ai consumatori di fare scelte di acquisto che non inquinano e salvano il clima: dall’introduzione dell’obbligo di indicare in etichetta la provenienza dei cibi in vendita alla disponibilità di spazi adeguati nella distribuzione commerciale dove poter acquistare alimenti locali che non devono essere trasportati per lunghe distanze, dall’offerta di prodotti regionali in mense scolastiche ed ospedaliere alla promozione delle vendita diretta degli agricoltori, fino all’inaugurazione al progetto “chilometri zero” per riconoscere quei locali (ristoranti, osterie, gelaterie) che utilizzano prodotti del territorio (vino, olio, salumi, formaggi, latte, frutta, verdura e fiori) acquistati direttamente dalle imprese agricole.

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