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CONSUMI: IL “BIO” CRESCE PER IL SESTO ANNO CONSECUTIVO, NEL 2011 SEGNA +8,9%, NONOSTANTE LA CRISI. LA CIA ANALIZZA I DATI ISMEA: MENTRE L’ALIMENTARE TRADIZIONALE SEGNA IL PASSO, IL BIOLOGICO ARCHIVIA UN SUPER 2011. LA ROCCAFORTE DEI CONSUMI E’ A NORD

La crisi non frena l’incredibile ascesa del biologico. Nonostante il crollo del potere d’acquisto e l’aumento del differenziale tra prezzi e salari, ma soprattutto a dispetto del calo verticale dei consumi alimentari convenzionali (-2%), nel 2011 il segmento “bio” continua la sua corsa, mettendo a segno una crescita dell’8,9 per cento a livello tendenziale. Sul 2011, c’è un lieve rallentamento (+11,6% nel 2010), ma si tratta comunque del sesto incremento annuo consecutivo. Lo afferma la Cia - Confederazione Italiana Agricoltori sulla base dei dati Ismea. E’ chiaro, ormai, il passaggio definitivo del biologico da “moda” ad “abitudine di spesa”, come evidenzia la presenza massiccia di questi prodotti nelle catene della Grande distribuzione organizzata.

Più in dettaglio - sottolinea la Cia - a trainare gli acquisti “bio” nella Gdo ci sono innanzitutto le uova (+21,4%), seguite da latticini e formaggi (+16,2%), spinti in alto dal “boom” di yoghurt (+27,5%) e latte (+9,5%). Vanno molto bene anche biscotti, dolciumi e snack (+16,1%) e bevande analcoliche (+16%), mentre più contenuto risulta l’aumento per l’ortofrutta fresca e trasformata (+3,4%), che rimane comunque la categoria “bio” più consumata, con un peso sul totale del biologico confezionato pari a poco più del 30% in valore. In questa fascia, per esempio, rientrano confetture e marmellate (+8,6%) e, tra i prodotti non lavorati, le lattughe (+31,7%). In calo, invece, pasta, riso e sostituti del pane (-3,2%), con un bilancio particolarmente negativo per la pasta “bio”, i cui acquisti si sono ridotti di oltre l’11%. Segno meno anche per l’olio (-18,6%) e per la categoria zucchero, caffè e tè (-3,4%). Inoltre - osserva la Cia - anche se il consumo dei prodotti “bio” resta fortemente sbilanciato nei territori dell’Italia settentrionale (la cui incidenza sugli acquisti totali supera il 70 per cento), ora comincia a radicarsi anche nel meridione. Gli acquisti di prodotti biologici, infatti, crescono nel Nord-Ovest (+12,5%) e nel Nord-Est (+2,4%), ma è nel Centro-Sud che balzano dal 10% al 19%.

Il “bio”, quindi, diventa un mercato sempre più appetibile -continua la Cia- visto che solo in Italia il suo giro d’affari si attesta intorno a 1,5 miliardi di euro. Un dato, tra l’altro, che ci colloca in quarta posizione nella graduatoria europea dei fatturati dopo Germania, Francia e Regno Unito e al sesto posto a livello mondiale (con Usa e Canada).

Proprio per aprire nuovi sbocchi ai produttori italiani, oggi Anabio (l’associazione nazionale agricoltura biologica della Cia), presenta a “Cibus 2012” a Parma, il progetto “For@zoobio. Imparare ad allevare biologico con soddisfazione”, che si prefigge di formare gli allevatori al metodo biologico.

“In Italia gli allevamenti bio non hanno ancora assunto - dice Anabio - i volumi di produzione adeguati ai livelli dei consumi. Di conseguenza il nostro Paese, pur restando il primo esportatore al mondo di alimenti bio, è importatore di carni, latte e uova biologiche. Riteniamo perciò che questo settore abbia grandi potenzialità economiche e per questo intendiamo offrire agli allevatori gli strumenti di conoscenza necessari per intraprendere queste produzioni”.

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