La pandemia ha modificato l’atteggiamento degli adolescenti, in particolare quelli che frequentano le scuole superiori, nei confronti del cibo e nelle modalità con cui si rapportano quotidianamente all’alimentazione. Secondo la ricerca del team di studio dell’Università Cattolica di Piacenza, insieme a Anbi Emilia Romagna, Crea e Consorzio di Bonifica di Piacenza, il 54% dei ragazzi intervistati ha esplicitamente dichiarato di aver cambiato (forse per sempre) le proprie abitudini alimentari da quando il Covid-19 ha fatto irruzione nelle loro vite. Occorre tuttavia approfondire questo dato, per comprendere al meglio se questi mutamenti abbiano avuto nell’insieme un effetto positivo o negativo.
Tra i cambiamenti in senso peggiorativo emergono soprattutto due aspetti: da un lato un aumento consistente del tempo in solitudine e dedicato all’uso dei device digitali, con i conseguenti impatti negativi su tutte le sfere della socialità, inclusa quella della condivisione del cibo come momento di gratificazione e di evasione. Ne deriva che il 15% dei ragazzi adolescenti vive l’alimentazione come un problema, che l’emergenza Covid-19 ha di fatto esasperato. Dall’altro lato, vi è il consolidamento di una “brutta abitudine” che si stava peraltro già affermando nell’era pre-pandemica: quella di non fare la prima colazione. Questo comportamento riguarda ormai circa un quarto degli studenti e studentesse di scuola superiore, che non riconoscono a questo momento di consumo la sua fondamentale importanza.
I cambiamenti migliorativi, però, sono molti e decisamente incoraggianti. In primis, i lockdown, la Dad, lo smart working e più in generale il maggior tempo trascorso tra le mura domestiche, hanno favorito il recupero di una “bella abitudine”, quella della “socialità” dei pasti in famiglia. Nel 96% dei casi, infatti, pranzi e cene oggi si consumano in compagnia di mamma, papà, fratelli e sorelle, tutti seduti insieme a tavola. Un altro aspetto positivo indotto dall’emergenza Covid-19 è stato quello di una maggiore attenzione, rispetto al passato, alla sicurezza dei prodotti: c’è una crescente domanda di “Food Safety” che deriva da un fortissimo bisogno di rassicurazione da parte dei giovani rispetto a tutto ciò che si mangia e si beve. E, nello stesso tempo, c’è una diffusa propensione al “salutismo” alimentare: 2 adolescenti su 3 hanno iniziato a scegliere cibi con meno grassi, meno zuccheri, meno sale e hanno ridotto la quantità complessiva di cibo consumato. Il tutto accompagnato da un’ottima predisposizione a svolgere attività fisica: almeno una volta a settimana nel 78% dei casi.
Infine, altri due aspetti molto interessanti e promettenti. Da un lato c’è una crescente aderenza di questi ragazzi e ragazze, nei loro consumi quotidiani, ai principi-guida della Dieta Mediterranea. E, dall’altro, si è affermata, negli ultimi mesi, una bellissima riscoperta dei prodotti tipici del territorio: le eccellenze Dop e Igp dell’Emilia-Romagna come Parmigiano Reggiano e Grana, il Prosciutto di Parma, la Coppa Piacentina, prodotti della tradizione a cui il 75% degli adolescenti associa una straordinaria superiorità qualitativa rispetto alle alternative convenzionali disponibili sul mercato. In questo senso il terremoto provocato dalla pandemia sembra aver avuto l’effetto di rinsaldare le fondamenta del ponte generazionale tra gli adolescenti e i loro genitori/nonni, stimolando un fenomeno di ritorno alle radici enogastronomiche che ha generato rassicurazione e senso di comunità, rendendoci tutti psicologicamente più forti.
“Il progetto Food Mood offre molteplici opportunità di analisi e il quadro che emerge dalla ricerca che presentiamo nel dettaglio è caratterizzato da un contrasto tra luci e ombre, nel quale però le prime sembrano fortunatamente prevalere sulle seconde”, commenta il professor Edoardo Fornari, che ha coordinato lo studio. “Da questa importante ricerca si comprende che contesto penalizzante causato dall’emergenza pandemica ha generato, come elemento positivo, la migliore e maggiore attenzione ad una alimentazione sana, tracciabile, spesso di prossimità frutto delle nostre terre. Ed è per queste ragioni fondamentali che Anbi - che grazie alla gestione della risorsa idrica attraverso le reti Consorzi distribuisce a tutte le colture tipiche l’elemento naturale acqua - ha rinsaldato la collaborazione fattiva con l’Ateneo per i prossimi tre anni. La ricerca e l’aggiornamento dei dati sono essenziali così come il coinvolgimento delle giovani generazioni”, aggiunge il presidente Anbi e Anbi Emilia Romagna, Francesco Vincenzi.
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