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“COUS COUS FEST”, DAL 21 AL 26 SETTEMBRE, DA OTTO PAESI, CONCERTI E SPETTACOLI. LO SLOGAN 2010 E’ “WHAT A COLORFUL WORLD”

E’ all’insegna dello slogan “What a colorful world” il Cous Cous Fest 2010, il Festival internazionale dell’integrazione culturale in programma a San Vito Lo Capo (Trapani), dal 21 al 26 settembre 2010.
L’evento, che giunge quest’anno all’edizione n. 13, celebra un confronto tra paesi dell’area euro-mediterranea e non solo, prendendo spunto dal cous cous, piatto della pace comune a moltissime culture.
La manifestazione, organizzata dal Comune di San Vito Lo Capo, si ispira ad un mondo pieno di colori, un “colorful world” dove convivono le differenze tra culture, popoli e tradizioni, lo spirito appunto della rassegna sanvitese che vede come protagonista il cous cous, piatto ricco di storia ed elemento di sintesi tra culture, simbolo di apertura, meticciato e contaminazione.
Edoardo Raspelli, giornalista e conduttore della trasmissione Melaverde, al timone della giuria di giornalisti che valuterà i cous cous in gara, sarà affiancato quest’anno dalla conduttrice di “Linea Blu”, Donatella Bianchi e dalla giornalista del “Gambero Rosso”, Laura Ravaioli, esperta di food. Il momento centrale sarà la gara gastronomica internazionale: una competizione che, più che altro, è un confronto amichevole tra chef di paesi diversi che interpretano il cous cous secondo le proprie tradizioni.
L’Italia, vincitrice nel 2009, con una ricetta di cous cous di pesce con finocchietto selvatico e medaglione di mostella, dovrà difendere il suo titolo confrontandosi con altri sette paesi dell’area mediterranea e non solo: Costa d’Avorio, Francia, Israele, Italia, Marocco, Palestina, Senegal e Tunisia che si affronteranno proponendo il cous cous cucinato secondo la propria tradizione gastronomica. Gli chef, secondo la formula che ha debuttato lo scorso anno, si affronteranno in “sfide” ad eliminazione diretta durante le quali potranno votare anche i visitatori del festival che parteciperanno alla giuria popolare, composta da circa cento persone, che esprimerà il proprio voto con palette numerate. A questa si affiancherà il voto segreto espresso dalla giuria tecnica, composta da giornalisti, scrittori ed opinion leader del mondo dell’enogastronomia.
In gara per l’Italia una delegazione composta da due chef sanvitesi, Antonella Pace (capo delegazione) e Vito Miceli, moglie e marito, insieme ad Ivan Scebba, giovane chef palermitano, figlio d’arte.
Tanti gli sponsors: dal vettore ufficiale Ryanair al Comieco, il consorzio nazionale recupero e riciclo degli imballaggi a base cellulosica, dal gruppo San Pellegrino, uno dei simboli dello stile di vita italiano, che produce e commercializza con vari marchi acque minerali, aperitivi, bibite gassate e the, alla Bia, leader in Italia nella produzione di cous cous convenzionale e biologico che da anni investe nella manifestazione e fornirà la semola di cous cous, a Mandrarossa, la linea top delle cantine Settesoli di Menfi, più volte premiata con riconoscimenti internazionali, che proporrà una selezione di vini siciliani.
Infoline: tel. 0923-974300, www.couscousfest.it

Focus - Il cous cous
Il cous cous, piatto giramondo, unisce in sé il globale e il locale. Ovunque sia approdato, in giro per il mondo, il piatto ha sposato le caratteristiche del territorio, legandosi profondamente alle tradizioni, religiose e conviviali dei popoli e diventando, volta per volta, maftoul, kseksou, cuscus, cascasa, sekso, kskso, kuskus, kuski, burgul o tabouleh.
Questa tradizionale pietanza a base di semola di grano, cotta a vapore, servita con un bouillon aromatico arricchito del sapore delle verdure di stagione, legumi, aromi e spezie, carne o pesce, rappresenta da sempre il piatto simbolo della cucina maghrebina, specie nei giorni di festa. Il cous cous, nonostante l’eterogeneità delle tradizioni, conserva una natura conviviale: un unico piatto rotondo dal quale tutti possono attingere semplicemente con le mani dopo il rituale Bismallah (“in nome di Dio”), o, al massimo, con pane lievitato prendendo un pezzo di carne o di verdure e formando una pallina con la semola. Il Corano, a tal riguardo, dispone addirittura che il cous cous vada mangiato con le so¬le tre dita della mano destra, per distinguersi dal diavolo che mangia con uno, dal Profeta con due e dall’ingordo che ne usa cinque.
Il termine cous cous indica sia la “semola” che il piatto completo, nella sua terra d’origine, dal Marocco alla Libia. Questa semola si presta a una varietà infinita di piatti: da quello più semplice con lo smen, un burro “fermentato” e un bicchiere di latte cagliato, ai ricchissimi cous cous delle feste di matrimonio e di ricevimento. Si tratta di una specialità presente in innumerevoli versioni regionali e stagionali dal Marocco alla Libia, dall’Algeria alla Tunisia. Ma superato l’Egitto, se ci spostiamo nel Mediterraneo verso il Medio Oriente o nell’area turco balcanica, i chicchi di semola assumono altre forme e denominazioni e sono spesso sottoposti ad un diverso procedimento di lavorazione e cottura. Un piatto locale, dunque, il cous cous, ma al tempo stesso globale: non partecipa all’omologazione del gusto ma si esprime in tante e diverse contaminazioni territoriali.

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