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Cresce il numero di bar e ristoranti nelle maggiori città italiane: in Italia ci sono 4,4 imprese ogni 1.000 abitanti. A dirlo è un’indagine di Confcommercio. Fipe: “interpretare questo stato come un buono stato del settore è sbagliato”

Cresce il numero di bar e ristoranti nei centri storici delle maggiori città italiane: in Italia ci sono 4,4 imprese ogni 1.000 abitanti. A dirlo è un’analisi di Confcommercio sull’evoluzione della rete commerciale nei centri storici di alcune importanti città italiane nel periodo 2008-2015. “Ma la crescita ha anche il rovescio della medaglia - sostiene Fipe, la Federazione Italiana Pubblici Esercizi - interpretare la crescita come un buono stato del settore è sbagliato”.
“Il dato - dice, a WineNews, Luciano Sbraga, direttore Ufficio Studi Fipe - è da leggere insieme al cambiamento funzionale dei centri storici: negli ultimi anni sono diventati sempre più direzionali e terziari. Le città si svuotano, anche per un discorso di affitti troppo alti. Le persone raggiungono il centro spesso solo per lavorare”. 
“Ed è normale - continua Sbraga - che gli esercizi si trasformano. Meno negozi e più offerta alimentare. È vero che sono aumentati i bar e i ristoranti , ma la concorrenza è aumentata a fronte di una diminuzione dei consumi, tra il 2007 ed il 2014, di 1,2 miliardi di euro. Inoltre cresce l’imprenditoria straniera, a conferma del mutato equilibrio tra costi ed opportunità che segna la gestione delle imprese. Oggi si contano in Italia 44.000 imprenditori stranieri che gestiscono il 15% dei bar ed il 14% dei ristoranti complessivi. Inoltre crescono anche le formule commerciali a minor contenuto di servizio a scapito di quelle più qualificate. Il numero dei take away è salito del 35% tra il 2009 ed il 2014 ed uno su tre risulta gestito da imprenditori stranieri. La conseguenza - conclude Sbraga - è che l’aumento della rete non può essere in alcun modo assimilato al buono stato di salute delle imprese mentre appare più plausibile interpretarlo come una condizione di ulteriore criticità peraltro suffragata anche dagli elevati tassi di turn over imprenditoriale che caratterizzano questo settore. Basti pensare che una attività su 2 chiude prima di 5 anni. Nei soli primi 9 mesi 2015 hanno cessato l’attività ben 20.000 pubblici esercizi”.

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