Sarà il fascino discreto degli alberi d'ulivo, ma un dato è certo: l'olivicoltura cresce ed è in controtendenza sull'andamento generale dell'agricoltura. Lo rileva l'aumento del 4,6% della superficie agricola utilizzata a ulivo (Sau) dal 1990, stando ai dati dell'ultimo censimento Istat. Per la Sau agricola, invece, nello stesso periodo, si è registrato un calo del 12%, equivalente alla perdita di 1,8 milioni di ettari.
I dati sono stati resi noti nel corso del secondo giorno dei lavori di un seminario internazionale dal titolo "Olio d'oliva, imprese e lavoro di fronte al futuro" promosso da Unaprol, Flai Cgil e Fondazione Metes che ha l'obiettivo di far incontrare gli esperti del mondo olivicolo dei principali Paesi produttori, per studiare l'impatto che la nuova riforma dell'Ocm avrà sul mercato del lavoro.
L'obiettivo finale è quello di "costruire un fenomeno positivo per l'olio d'oliva, come è stato fatto per il vino" e le fasi attraverso le quali bisogna passare sono la ricerca della qualità e la costruzione dell'identità nazionale. Ma per stare sul mercato globale si devono tenere presenti anche le altre realtà produttive, in particolare quelle dell'area del Mediterraneo che "ad oggi, mantiene la leadership nel mondo", sottolinea Nicholas Christodoulidis, addetto agricolo dell'Ambasciata della Grecia. E nell'area del Mediterraneo ci sono anche Paesi come la Turchia e la Siria che fanno registrare i tassi di crescita della produzione oilivicola, dal 1990 ad oggi, più alti rispetto agli altri Paesi (rispettivamente +4,6% e +4,7%).
Come interpretare il fenomeno? "Questi Paesi stanno lavorando - continua Christodoulidis - con meno attenzione alla qualità e con mano d'opera meno cara; solo lavorando insieme possiamo aiutarli a fare una produzione migliore e a contenere il prezzo e una qualità in tutto il mondo".
Della necessità di creare delle sinergie è convinta anche Matilde Montes, addetto agricolo della Spagna, secondo la quale la cooperazione deve avvenire in due momenti "prima ci deve essere cooperazione tra i Paesi dell'Ue e poi con quelli del Mediterraneo". E' utile, dunque, il confronto in questo momento "perché su questo tema la sinergia è vera tra i Paesi del sud dell'Europa" ha ricordato Jaques Andrieu, addetto agricolo dell'ambasciata di Francia.
Ed è anche il momento in cui il settore olivicolo fa i conti con la nuova Ocm che potrebbe - secondo l'Unaprol - rappresentare un'opportunità per le imprese italiane. A partecipare al seminario internazionale ci sono anche i rappresentanti di alcuni Paesi cosiddetti 'nuovi consumatori', come l'Ungheria dove "da dieci anni - ricorda Zoltan Kalman, addetto agricolo dell'Ungheria - il consumo sta crescendo in maniera molto veloce grazie alla diffusione della dieta mediterranea".
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