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CRESCE LA PRODUZIONE ALIMENTARE NEL 2010, +1,6% (PER UN FATTURATO DI 124 MILIARDI) TRAINATA DA CARNE E BEVANDE. LO DICE FEDERALIMENTARE. BOOM DELL’EXPORT, CON VINO E PRODOTTI CASEARI. CINA, BRASILE E TURCHIA, DA “TERRE PROMESSE” A MERCATI “MATURI”

I dati di bilancio dell’industria alimentare italiana nel 2010, mostrano uno scenario tutto sommato positivo: al calo dei consumi fa da contraltare una produzione in crescita (+1,6%), grazie soprattutto alla spinta propulsiva dell’export che ha chiuso l’anno registrando aumenti a due cifre (+10,5%). Ma oggi, a preoccupare l’intero settore è soprattutto il costante aumento delle quotazioni delle materie prime alimentari che dopo aver generato l’aumento dei prezzi alla produzione (+5% a gennaio 2011), potrebbe avere ripercussioni anche sui prezzi al consumo. I dati sono stati presentati da Federalimentare, in occasione della conferenza stampa di presentazione del bilancio 2010 del settore. L’industria alimentare italiana - secondo comparto del Paese con 124 miliardi di fatturato e oltre 400 mila addetti per 6.500 imprese - ha evidenziato, nel 2010, i primi incoraggianti segnali di ripresa.

La produzione 2010 ha recuperato il segno negativo dell’anno precedente, segnando un +1,8% su dati grezzi e un +1,6% a parità di giornate lavorative, dopo aver navigato a lungo sopra il +2,0%. E’ emerso, perciò, un positivo rimbalzo, dopo il -1,5% del 2009, anche se si è profilato, a dicembre 2010, un rallentamento di trend che si è confermato all’inizio del 2011. Guardando ai dati grezzi di produzione di gennaio, emerge infatti che solo alcuni comparti hanno mantenuto il segno “più”. Tra questi: la “lavorazione e trasformazione della carne” (+3,9%), l’“ittico” (+12,7%), il molitorio (+3,5%), la “pasta” (+4,0%) e le “bevande” (dal vino, alla birra, alle acque minerali), con un +2,1% aggregato. Mentre, altri comparti importanti hanno segnato arretramenti, come la “lavorazione e conservazione di frutta e ortaggi” (-11,8%), l’“oleario” (-6,6%), il “lattiero-caseario” (-2,3%), i “prodotti da forno e farinacei” (-8,2%), il “cioccolatiero” (-5,4%). Stazionaria, infine, l’“alimentazione animale” (+0,2%). Al di là dei dati squisitamente congiunturali, la produzione alimentare del Paese ha mostrato, nel tempo, una dinamica largamente premiante. Sull’arco del decennio 2000-2010, essa ha messo a segno un +12,1%, con oltre 27 punti di differenza rispetto al -15,4% segnato in parallelo dall’industria nazionale nel suo complesso.

Dopo avere navigato, negli ultimi mesi del 2010, su tassi prossimi al +10%, l’export dell’industria alimentare ha chiuso l’anno sulla quota di 21 miliardi di euro, con una crescita del +10,5% sull’anno precedente. E’ un buon risultato, che recupera ampiamente il -4,2% del 2009. Ed è tanto più promettente se si considera che l’ultimo trimestre 2010 ha segnato un +11,9%, facendo meglio della media annuale. Guardando ai comparti di maggiore peso, spicca il risultato di un segmento di grande spessore come il “lattiero-caseario”, con una quota di 1.925 milioni e un +23,6% sull’anno precedente. Superiori alla performance media di settore: il comparto leader dell’export, l’“enologico”, con 4.277 milioni e un +12,2%; il “dolciario”, con 2.588 milioni e un +11,2%; gli “oli e grassi”, con 1.559 milioni e un +16,3%; le “carni preparate”, con 1.110 milioni e un +11,5%; la “trasformazione della frutta”, con 915 milioni e un +14,4%; le “acquaviti e liquori”, con una quota di 584 milioni e un +16,9%. Vistoso, anche se su livelli assoluti ancora modesti, pari a 114 milioni, il risultato della birra, con un +41,4%. I mercati di maggiore peso hanno mostrato ampie capacità reattive. La Germania ha messo a segno una spinta del +6,7%, dopo il -3,4% del 2009; la Francia un +7,4%, dopo il -2,1% dell’anno precedente; gli Usa un +11,8%, dopo il -9,1% del 2009. Il quarto mercato, il Regno Unito, ha recuperato con un +6,4%, dopo il -6,5% del 2009. Ma anche altri mercati hanno mostrato spunti promettenti: a cominciare dai Paesi Bassi, con un vistoso +30,5%, per proseguire con l’Austria, (+13,6%), col Canada, (+25,8%) e con la Russia (+39,2%). Inoltre, paesi importanti come Cina (+55,9%), Brasile (+31,7%), Arabia Saudita (+31,6%) e Turchia (+44,4%) stanno superando lo stadio di “promesse”. Essi sono ancora largamente al di sotto delle loro potenzialità, ma cominciano a situarsi su quote di esportazione non più “simboliche”, in una fascia che oscilla ormai fra i 100 e i 200 milioni di euro. Come accaduto per la produzione, anche l’export alimentare ha mostrato un andamento premiante sul lungo periodo. Nel confronto 2000-2010, ha infatti messo a segno un +66,9%, con oltre 40 punti di vantaggio rispetto al +28,5% registrato in parallelo dall’export totale del Paese.

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