In Italia, invece di vedere una ripresa, la crisi sembra essere sempre più nel vivo e si riflette nelle spese alimentari degli italiani che nel primo semestre dell’anno sono crollate dell’1,8%. In particolare a giugno gli acquisti per la tavola sono scesi del 2,9%, con una riduzione drastica non solo nei supermercati (-3,2%) e nei piccoli negozi (-4,5%), ma anche nei discount (-1,3%). Lo afferma la Cia-Confederazione italiana agricoltori, in merito ai dati dell’Istat sul commercio al dettaglio.
“Il cedimento dei discount alimentari, che in questi ultimi mesi di crisi profonda sono stati l’unica alternativa praticabile per il 62% delle famiglie, rende sempre più chiara la gravità della situazione economica attuale - spiega la Cia - con i consumi tornati ai livelli di trent’anni fa e 16 milioni di famiglie costrette a tagliare anche sul cibo, non solo sulla quantità ma anche sulla qualità”. Oggi infatti si moltiplicano nelle dispense cibi in scatola e surgelati e si ricorre sempre più spesso al “junk food” (+7% in un anno) a tutto scapito dei prodotti freschi tipici della dieta mediterranea, con il tracollo della spesa per la pasta (-9,3%), per il pesce fresco (-16,6%), per la carne rossa (-4,4%) e per l’ortofrutta (-3,7%).
Focus - Federalimentare: “deleterio un aumento dell’Iva in questo contesto”
“I segnali di ripresa economica del Paese che vengono citati da più parti non coinvolgono ancora il mondo dei consumi alimentari”. Così il presidente di Federalimentare, Filippo Ferrua Magliani ai dati Istat sulle vendite al dettaglio a giugno. “Dai dati esce invece un appesantimento ulteriore del mercato - aggiunge Ferrua - con un secondo trimestre dell’anno che scende del -2,5%, dopo il -1,3% emerso nel primo trimestre. In pratica - prosegue Ferrua - il fatturato delle vendite alimentari del Paese, al netto dell’effetto prezzi, scende nel semestre di 4-5 punti percentuali su quello già critico del gennaio-giugno 2012. In questo contesto asfittico - conclude Ferrua - pensare di appesantire l’Iva, in modo spalmato o selettivo, avrebbe comunque effetti deleteri, allontanando in modo drammatico ogni prospettiva di ristoro per imprese e famiglie”.
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