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ANALISI

Da Masseto a Opus One, il ruolo de La Place di Bordeaux sul successo dei brand del vino

Nel 2009 l’ingresso del vino icona dei Frescobaldi ha aperto le porte alla rivoluzione: oggi su La Place ci sono 108 etichette da 11 Paesi diversi

È la più antica e prestigiosa rete di distribuzione di fine wine al mondo, e, nel secolo scorso, è stato il motore del successo internazionale dei vini di Bordeaux: La Place è oggi un hub capace di accogliere centinaia di produttori ed un network di 300 négociant, che vendono in 170 Paesi in tutto il mondo. Un club per pochi, che ha la sua forza principale nel know how plurisecolare, che garantisce un accesso privilegiato alle nicchie più prestigiose dei mercati esteri. Ma anche un’organizzazione capace di cogliere il cambiamento. E cavalcarlo. Dal XVII secolo, infatti, La Place è stata al servizio esclusivo dei Grands Crus di Bordeaux, aprendosi, per la prima volta ad un vino diverso, solo nel 1998, quando accolse la griffe cilena Almaviva, comunque, di proprietà della Baronessa Philippine de Rothschild (Château Mouton-Rothschild).
Non fu che un anticipo di ciò che avvenne, inevitabilmente, qualche tempo dopo. Il mercato dei fine wine, come raccontiamo da anni, ha vissuto una lenta quanto inesorabile rivoluzione, iniziata nel 2010. All’epoca, il mercato secondario dei grandi vini era appannaggio delle etichette di Bordeaux, che rappresentavano, a valore, il 95,7% degli scambi. Un anno prima, nel 2009, La Place aveva accolto il primo vino senza alcun tipo di legame con Bordeaux: il Masseto 2006. Una pietra miliare sulla via di un cambiamento ormai evidente: in autunno verranno presentate le nuove annate commercializzate da La Place, 108 vini da 32 Regioni diverse di 11 Paesi. La rivoluzione è servita, e l’appuntamento autunnale è ormai diventato più interessante dell’en primeur di Bordeaux, i cui vini, ad oggi, valgono il 34,1% degli scambi sul Liv-ex, come ricorda il report “La Place de Bordeaux and the expanding fine wine market”.
La Place e il mercato secondario dei fine wine, così, sembrano muoversi in parallelo: Bordeaux, ed il sistema dell’en primeur, hanno perso posizioni, mentre la domanda, su tutti gli altri fronti, da quello interno (Borgogna, Champagne e Rodano) a quello esterno (Italia, Usa, Spagna e non solo), ha continuato a crescere. Spingendo così La Place a guardarsi intorno, puntando sempre e comunque su etichette di enorme prestigio. Che, da parte loro, con il sistema distributivo francese hanno costruito quasi sempre un rapporto proficuo. Il quasi è relativo a quei casi (pochi, in realtà) in cui l’azienda ha dato priorità al prezzo invece che alla costruzione di un brand globale.
L’esatto contrario, ad esempio, di quanto fatto proprio da Masseto, una case history che ben racconta il ruolo positivo de La Place sul successo di un’etichetta. Solo negli ultimi tre anni i prezzi del Masseto sono cresciuti del 40,5%, più di Ornellaia (+38,2%) e Solaia (+37,2%). Nel tempo, è diventato il secondo vino più scambiato sul Liv-ex dietro al Sassicaia: tra il 2005 ed il 2007, quindi prima dello sbarco su La Place, il Masseto era solo il nono vino italiano più acquistato sul mercato secondario, quando le etichette scambiate erano decisamente meno di oggi. Nessuna casualità: la strategia di Giovanni Geddes da Filicaja, alla guida di Ornellaia e Masseto (Frescobaldi), e tra i più esperti manager nel mondo, di fare di Masseto un brand globale ha avuto successo, anche grazie a La Place, che lo distribuisce in ogni angolo del mondo, ad eccezione di Italia, Usa e Canada.
L’Italia su La Place, però, non è solo Masseto, anzi. Il Belpaese, dopo la Francia, è di gran lunga il più rappresentato. Anche Ornellaia, Ornellaia Bianco, Serre Nuove, Le Volte e Poggio alle Gazze, in esclusiva per Asia, Emirati Arabi, Africa e Sud America, passano per la Place de Bordeaux. Così come il Solaia, e, in piccole quantità, anche il Tignanello e il Cervaro della Sala della famiglia Antinori, e ancora tre etichette mitiche della Toscana enoica, come il Colore di Bibi Graetz, il Galatrona di Petrolo, azienda simbolo del Val d’Arno di Sopra di Luca Sanjust e il Caiarossa. Nel 2018 sbarca su La Place de Bordeaux anche l’Orma, il Supertuscan nato dai vigneti di Merlot, Cabernet Sauvignon e Cabernet Franc di Podere Orma, la griffe bolgherese di Tenuta Sette Ponti, l’azienda toscana di Antonio Moretti Cuseri che, due anni più tardi, fa il bis con l’Oreno, accompagnato, da ottobre, dalla prima annata (2019) dell’ultimo nato a Tenuta Sette Ponti: “Sette”.
Nel 2019 fu, invece, la volta dei primi Brunelli di Montalcino, con i vini di Luce della Vite, sempre di Frescobaldi, seguiti dal Brunello e d’Igt “La Quinta” di Giodo, la cantina toscana dell’enologo Carlo Ferrini. Due etichette che, a differenza di tutte le altre, La Place commercializza in tutto il mondo, ad eccezione ovviamente del mercato italiano, garantendo sempre un posizionamento dei vini di Giodo sulla fascia più alta del mercato. Più recente il debutto del primo Etna Rosso, quello della Giovanni Rosso, storica griffe di Langa, da cui arriva il primo Barolo (e prima etichetta del Piemonte), il Barolo Cerequio 2018 di Michele Chiarlo, portato nella rete di distribuzione d’Oltralpe da Timothée Moreau (Bureau des Grands Vins), regista di altri due ingressi fondamentali: I Sodi di S. Niccolò 2018 di Castellare di Castellina e i due cru di Allegrini, La Poja 2017 e Fieramonte 2015, ossia i primi Amarone su La Place. È facile immaginare che non sia finita qui, e per capire da dove potrebbero arrivare i nuovi ingressi può rivelarsi utile un altro dato interessante del Liv-ex: nel 2022, tolte Toscana e Piemonte, le due Regioni che hanno guidato gli scambi sono state, sin qui, Veneto (50,9%) e Abruzzo (27,9%).
Mettendo da parte per un momento l’Italia, tra i brand di maggior successo che hanno scelto La Place, o che da La Place sono stati scelti, vanno sicuramente citati Opus One e Philipponnat. Il mercato dei vini Usa sul Liv-ex è passato dal 2,3% del 2019 al 7,6% del 2021, e Opus One, nella rete di distribuzione di Bordeaux dal 2004, è stato l’apripista per tutti, da Inglenook a Joseph Phelps e Promontory. Legata ai Rothschild, la griffe della Napa Valley con l’annata 2018, l’ultima in commercio, ha visto una crescita del prezzo del +8,7%, e fa ancora meglio la 2017: +8,8%. Sbarcato su La Place solo un anno fa, anche una griffe che ha ben poco bisogno di presentazioni come Philipponnat pare averne beneficiato: la 2012 del Clos des Goisses ha registrato una crescita dei prezzi del 42,9%, e la 1996, rimessa in commercio direttamente dalla cantina, un aumento del 50%.
In definitiva, per quanto meno “esclusiva” di qualche anno fa, La Place è senza grossi dubbi un alleato importante per le grandi griffe del vino internazionale, ma di certo non è, da solo, la panacea di ogni male: ci vuole equilibrio, tra politiche di prezzo e costruzione di un brand globale, in grado di stare su ogni mercato e di valere il prezzo richiesto.

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