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SALUBRITÀ ALIMENTARE

Dai peperoncini domenicani alle bacche di Goji della Cina: la “black list” dei cibi no per la salute

La Coldiretti ha divulgato la classifica dei cibi più contaminati. Mangiare italiano rimane una garanzia per la sicurezza alimentare
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La black list dei cibi più contaminati che arrivano dall'estero secondo Coldiretti

Attenzione a ciò che portiamo a tavola e occhio sempre alle etichette di provenienza dei prodotti. Questa rimane la prima difesa, quando è possibile, per non trovarci poi di fronte a brutte sorprese. La Coldiretti ha divulgato la “black list” dei cibi più contaminati che è stata presentata in occasione del Rapporto 2020 sul biologico italiano. Il prodotto che desta più preoccupazione per la salute, con un campione su cinque (20%) risultato irregolare per la presenza di residui chimici, sono i peperoncini piccanti provenienti da Repubblica Dominicana ed India giudicati come il prodotto alimentare meno sicuro che finisce sulle tavole degli italiani. Ma non si tratta di un caso isoltato perché a preoccupare per gli elevati livelli di contaminazione ci sono anche, nell’ordine, le bacche di Goji della Cina ed il riso in arrivo dal Pakistan che si spartiscono gli altri due gradini del podio. La “Black list dei cibi più contaminati” presentata dalla Coldiretti è basata sugli ultimi rapporti elaborati dall’Agenzia Europea per la Sicurezza Slimentare (Efsa) sui Residui dei Fitosanitari in Europa e dal Ministero della Salute sul “Controllo ufficiale sui residui dei prodotti fitosanitari degli alimenti”. Nella Top 10 dei prodotti più contaminati ci sono anche i melograni dalla Turchia, con un quasi un campione irregolare su dieci (9,1%); il tè dalla Cina; l’okra (o gombo), che ha delle sembianze di una piccola zucchina, importata dall’India; il dragon fruit proveniente dall’Indonesia; i fagioli secchi provenienti dal Brasile ed i peperoni dolci e le olive da tavola provenienti dall’Egitto “che godono peraltro - sottolinea Coldiretti - di un regime agevolato a dazio zero da parte dell’Unione Europea”.

Nello specifico, “si tratta di prodotti arrivati in Italia con elevati livelli di irregolarità - continua la Coldiretti - perché contaminati dalla presenza di insetticidi che spesso non sono neanche più ammessi dalla legislazione nazionale ed europea, come avviene nel caso di Dicofol, Acephate, Permethrin, Chlorfenapyr, Methamidophos riscontrati nei peperoncini, del Tricyclazole nel riso dal Pakistan, dell’Isoprothiolane negli esotici dragon fruit e di Fenpropimorph, Procymidone, Propoxur, Methamidophos nei fagioli secchi brasiliani. Non si tratta tuttavia di casi isolati poichè dai risultati delle analisi risulta che i prodotti alimentari importati in Italia, con l’1,9% di campioni esaminati irregolari, sono ben tre volte più pericolosi dei prodotti di origine nazionale per i quali solo lo 0,6% dei prelievi è risultato non conforme ai limiti di legge consentiti.
La situazione è ancora più rischiosa per quelli di origine extracomunitaria per i quali la percentuale di irregolarità secondo l’Efsa sale al 5,8%, ben otto volte superiore ai prodotti Made in Italy”. Risultati che non sorprendono l’associazione guidata da Ettore Prandini: “si confermano le preoccupazioni espresse recentemente dalla Corte dei Conti Europea sulle sostanze chimiche negli alimenti” mentre la proposta per tutelare i consumatori rimane la stessa: l’obbligo di indicare il Paese di origine in etichetta. Una misura che è in vigore per la maggioranza degli alimenti in vendita, dalla frutta alla verdura fresca, dalla pasta al riso, dalle conserve di pomodoro ai prodotti lattiero caseari, dal miele alle uova, dalla carne bovina a quella di pollo fino ai salumi per i quali è stato da poco pubblicato il decreto. “È necessario però che tutti i prodotti che entrano nei confini nazionali ed europei rispettino gli stessi criteri a tutela della sicurezza dei consumatori” commenta il presidente Coldiretti Ettore Prandini nel sottolineare che “dietro gli alimenti, italiani e stranieri in vendita sugli scaffali ci deve essere la garanzia di un percorso di qualità che riguarda l’ambiente, la salute e il lavoro, con una giusta distribuzione del valore”.

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