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DAL 1968, NEL MONDO DEL VINO, ECCO I 40 ANNI DI COMUNICAZIONE. LA TOSI COMUNICAZIONE FESTEGGIA COSI’ IL RINASCIMENTO DELL’ENOLOGIA ITALIANA. MA ESISTE UN’ETICHETTA CHE FA VENDERE DI PIÙ? “CERTAMENTE SÌ. E’ QUELLA ...”

Italia
Ecco le etichette dello Studio Tosi

Il 1968 è l’anno delle prime etichette che escono dallo studio, data carica di significati anche per il mondo del vino, che, proprio in quegli anni, iniziava il suo nuovo corso verso una decisiva crescita in qualità e successo dell’enologia italiana. Una nuova sensibilità stava nascendo, verso un prodotto che da semplice e anonima bevanda si nobilitava come protagonista nella cultura regionale, nella gastronomia, nella nuova ristorazione, rivoluzionando gli schemi tradizionali: è il momento in cui Gualtiero Marchesi stupiva con le sue innovazioni, i fratelli Solci aprivano a Milano la prima autentica enoteca, nella locanda di Franco Colombani a Maleo nasceva l’Associazione Italiana Sommelier, gli anni della prima bottiglia di Sassicaia, Luigi Veronelli iniziava la pubblicazione dei Cataloghi Bolaffi e con Mondadori creava l’Enciclopedia del Vino, mentre i media cominciavano a parlare di cultura del vino, della valorizzazione del territorio, della riscoperta di vitigni autoctoni, della liaison indissolubile tra enologia e gastronomia, rendendosi rapidamente conto che i nuovi mercati chiedevano al vino italiano non solo qualità, ma anche immagine. Eventi di portata storica per il settore, impensabili soltanto pochi anni prima. E’ il vero rinascimento del vino italiano.

Dopo le prime creazioni per piccoli produttori amici, Tosi comunicazione entrava in contatto con nomi di spicco del panorama vinicolo, creando per ognuno etichette inconfondibili e di assoluta novità, le stesse che accompagnano le pregiate bottiglie made in Italy, dell’olio, aceto, distillati, liquori e confetture, insieme all’attività di ufficio stampa, ricerca dei nomi, creazione di siti internet, progetto di organizzazione di eventi, da 40 anni.

Il progetto delle etichette da vino era stato, fino alla prima metà degli anni ’60, un’attività praticamente inesistente. Era il tipografo che, abbinando fregi, stemmi, immagini di repertorio, creava le etichette che avrebbe stampato per il suo cliente. E’ nella seconda metà del decennio che le bottiglie di qualità cominciano a vestirsi con etichette studiate da designers, figure professionali che, attive in vari settori, nascono proprio in quegli anni. Rapidamente, non solo i grandi nomi storici del mercato si rivolgono a professionisti della grafica, ma anche realtà emergenti, che si presentano a un consumatore più attento con prodotti innovativi non solo nel contenuto, ma anche nell’immagine. Da Meregalli a Gaviglio, da Bolis a Solci, da Ruffino fino a Puiatti, Scavino, Zardetto, Tedeschi, Mionetto, Caparzo, Gruppo Italiano Vini, Rosa del Golfo, Travaglini, Villa Ronche, Nino Franco, Campo alla Sughera, Masone Mannu, Santa Maria La Palma, Castello di Monastero, Tomasella e molti altri, Tosi è il loro disegnatore, primo a realizzare etichette anche per San Patrignano, i cui vini parallelamente all’immagine crescono prodigiosamente in qualità e notorietà.

A partire da allora, i committenti sono numerosi e diversificati, e il team che lavora con Ettore Tosi si allarga, con l’entrata del figlio Gabriele e di nuovi giovani collaboratori e il servizio proposto alle aziende non si limita allo studio dell’etichetta, ma si sviluppa nella comunicazione mirata, grazie anche alla collaborazione con professionisti come enologi, esperti di marketing del vino, giornalisti e scrittori specializzati, progettisti di cantine, consulenti fidati nella costruzione e nella crescita di nuove aziende.

Ma, nella sua lunga storia, lo studio di Ettore Tosi non si occupa soltanto di vino: per oltre un decennio è responsabile della comunicazione del Gruppo Pirelli, è a lungo consulente per l’immagine della Comunità Europea, per molti anni lavora a fianco del marketing di Levi Strauss Italia nella creazione dell’immagine e nella presentazione di nuovi prodotti di abbigliamento. Lavora all’immagine e alla comunicazione di settori assai diversificati: tessile, farmaceutico, petrolifero, informatico, sportivo, ma, sottolinea Tosi, “lavorare per il mondo del vino ha migliorato la qualità della mia vita. Un lavoro che mi ha regalato momenti indimenticabili, come le tavolate a casa di Rinaldo Rinaldini, produttore di un eroico Lambrusco metodo classico, o le domeniche con Vilma e Piero Cappelletti, autori di un Gavi da leggenda. Con loro l’incarico di disegnare etichette si è trasformato in profondi rapporti umani”.

Grandi produttori o piccole cantine? Gabriele Tosi, che ormai da anni segue i contatti con i clienti, osserva come il prodotto vino, alla fine, richieda un linguaggio comune, sia con il direttore marketing di una grande azienda che con il responsabile di cantina di una piccola realtà. Certamente diverso è l’iter del lavoro. Briefing precisi, scelte motivate, presentazioni accurate e complesse per il committente importante, un rapporto più semplice e propositivo su un fronte più ampio per il piccolo produttore. Che comunque vuole e ha tutta l’attenzione necessaria. Ovviamente, a costi proporzionati.

Ma esiste un’etichetta che fa vendere di più? “Certamente sì - secondo Gabriele Tosi - è quella che, a parità di costo con le vicine di scaffale, meglio si segnala all’attenzione del consumatore, quella che sa promettere in modo più persuasivo e credibile ciò che il consumatore cerca in quel tipo di vino. Troppe etichette hanno immagini che non rispecchiano il prodotto che contengono, perché a volte si ritiene che promettendo di più si valorizzi di più, oppure si cerca quell’originalità a tutti i costi che spesso non paga. Con il risultato di disorientare il consumatore. Lavorare sulla immagine e sulla comunicazione del vino è un’attività molto particolare, che richiede una profonda conoscenza del prodotto in tutti i suoi aspetti, dalla vigna alla cantina. Quando ancora non ti conosce, spesso il committente ti mette alla prova, esprimendosi con terminologie che devi assolutamente conoscere, e regole del consumo che, da addetto ai lavori, non puoi ignorare”.

Conoscere il vino in tutti i suoi aspetti e tipi è fondamentale “per capire - prosegue Tosi - cosa il consumatore si aspetta, in termine di immagine, da quel tipo di vino. Ed anche quale tipo di bottiglia, e di capsula, e di cartone, eccetera. Un Lambrusco vestito da Bordeaux, smentisce sé stesso, disorienta il target, e perde opportunità di vendita. E’ solo un esempio, ma spiega quanto le scelte grafiche rivestano, nel progetto di un’etichetta, valori strategici. Non si sceglie tra un Barolo e un Trebbiano in virtù della etichetta, è ovvio. Ma in ciascuno dei due ambiti, va capito cosa si aspetta il consumatore di Barolo nella sua ricerca di valore, prestigio, eleganza, raffinatezza, emozione, e quanto invece il bevitore di Trebbiano cerchi freschezza, simpatia, immediatezza, disimpegno. Soddisfare queste attese conoscendo la strada per comunicarle in etichetta, è già molto. Andare più in là, con analisi più profonde, con strategie più raffinate, è vincente, ma richiede esperienza”.

“Queste considerazioni sono riferite, per semplicità, al consumatore finale - conclude Tosi - ma chi progetta etichette sa bene che ci sono vari stadi di valutazione da considerare: l’etichetta deve piacere agli agenti di vendita, deve soddisfare il ristoratore che metterà in lista quel vino, deve incontrare il favore del buyer della grande distribuzione che lo metterà negli scaffali. E non deve deludere l’importatore americano, tedesco, olandese, giapponese, che stanno firmando un contratto. Dunque, l’etichetta ha un ruolo di grande responsabilità nell’itinerario di affermazione di un vino, e chi la progetta ne deve essere pienamente consapevole”.

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